Matteo Renzi con la Francia e l'Inghilterra contro la Neuropa tedesca

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Non cita mai direttamente Angela Merkel, ma il messaggio alla cancelliera che appena ieri è tornata a ripetere che bisogna «fare i compiti a casa» è chiaro: «Nessuno ha il diritto di trattare gli altri Paesi come si trattano gli studenti», l'Europa «non è un posto per insegnanti e studenti». Matteo Renzi ha appena terminato l'incontro con il primo ministro britannico David Cameron, incassando solidarietà sulla flessibilità, e riconsolida subito l'asse con la Francia, che i compiti a casa, almeno fino al 2017, non li farà. 
 
«Io sto con Hollande», dice, se la Francia ha deciso di posticipare il rientro nei parametri del 3% «ha i suoi motivi». Precisando però che la situazione italiana è «diversa» e che Roma intende «rispettare i patti» e non sforerà il tetto del 3% sul bilancio. Resta il fatto che «un paese libero e amico come la Francia», che rappresenta la seconda potenza europea, non può essere trattato come uno scolaretto. Così come gli altri paesi europei. E l'Italia ne sa qualcosa. 
 
Parole che arrivano mentre le previsioni per la crescita in Europa e nel mondo sono decisamente negative e nel giorno in cui le borse crollano. Il presidente della Bce Mario Draghi parla di previsioni di ripresa «modesta» per l'Eurozona. E la direttrice del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde definisce la crescita dell'economia mondiale «mediocre». La soluzione è sempre quella: riforme - in fretta - e regole. Lo sottolinea Draghi, che invita i Paesi ad accelerare «le riforme del lavoro e le liberalizzazioni», ma anche ad usare la flessibilità rispettando le regole del patto di stabilità. I Paesi dell'area euro «non dovrebbero vanificare i progressi già conseguiti ma procedere in linea con le regole», ripete il giorno dopo l'annuncio francese. E davanti alle proteste per le strade di Napoli difende l'Eurotower: «La colpa della crisi non è della Bce». Ma la stoccata più dura a Parigi arriva proprio dall'ex ministro dell'Economia Pierre Moscovici, ora commissario agli Affari economici, pronto ad andare avanti con la procedura contro il `suo´ Paese. Le regole, dice, «valgono per tutti» e non possono essere interpretate in modo «creativo e spigliato». 
 
Insomma il rigore torna a farla da padrone, mentre aumentano i Paesi che invocano la flessibilità. La linea di Renzi resta la stessa: l'Italia rispetterà i parametri, e rispetterà anche l'agenda di riforme, ma è indubbio che il rigore assoluto non ha salvato l'eurozona. Anzi. Per questo Renzi, incontrando Cameron a Downing Street è tornato a ripetere che serve un'Europa più snella e «smart». In grado di prendere le decisioni. E ha trovato sponda nel primo ministro britannico, convinto della necessità di un «cambiamento»: l'Ue, ha detto, deve essere «più flessibile». Ora il timore è che il tempo stia scadendo. «E ci sono alcune nubi preoccupanti all'orizzonte, tra cui quella che la crescita resti lenta per un lungo periodo di tempo», ha detto Lagarde. 
 
In serata, davanti agli investitori della City, Renzi assicura che l'Italia è tornata («Italy is back»), che i suoi conti sono «solidi e sostenibili» e che la riforma del mercato del lavoro - a partire dall'articolo 18, che rappresenta «una mancanza di libertà per gli imprenditori» - è la più importante e urgente tra quelle a cui il governo sta lavorando: arriverà, promette, al massimo entro un mese. 
 
L'INTERVENTO DEL PREMIER ALL'ARRIVO A DOWNING STREET