Vittorio Feltri per Israele e vs. i Media neoantisemiti


Il Giornale


Vista da lontano la guerra nella Striscia di Gaza suggerisce una considerazione forse ingenua: se quelli di Hamas lanciano missili su Israele, ovvio che gli israeliani non stiano con le mani giunte, ma rispondano militarmente agli attacchi e non si limitino a difendersi.
Giova ricordare una banalità: la guerra si fa almeno in due, l'uno contro l'altro. Quanto ai motivi dei conflitti armati che nella zona si susseguono da oltre 60 anni, è vero che sono molto complessi, un miscuglio di torti e di ragioni, ma volendo semplificare si può dire che la nascita di Israele comportò una durevole emarginazione dei palestinesi. Gli attriti cominciarono subito. Una risoluzione dell'Onu raccomandava una cosa semplice: l'istituzione di due Stati, uno israeliano e l'altro palestinese.
Il secondo non ha mai visto la luce, perché il Piano di partizione approvato dalle Nazione Unite nel 1947 fu respinto dai Paesi arabi. Mentre il primo nel giro di pochi lustri si è sviluppato ed è diventato un'enclave occidentale nel Medioriente. Una civiltà avanzata nel deserto non poteva che creare dissidi. A parte ciò, bisogna riconoscere che un popolo senza patria (i palestinesi) coltiva i semi dell'odio. E l'odio prima o poi (o periodicamente) esplode. Fra due Stati si sviluppano spesso rapporti di buon vicinato. Ma fra una nazione organizzata e moderna e un popolo allo sbando la compatibilità è difficile. Senza farla tanto lunga, la vicenda è questa. Se aggiungiamo che la Stella di David ha vinto ogni battaglia nell'area, si comprende ancor meglio la rabbia di chi ha sempre perso. Ma comprendere non significa giustificare.
Israele, in fondo, reclama solo il diritto di esistere che, di fatto, gli viene negato. L'aspirazione (varie volte dichiarata) dei Paesi di quell'area geografica è quella di distruggere i nemici ebrei, i quali per evitare di essere massacrati si armano fino ai denti e, quando sono minacciati, reagiscono, alimentando l'antisemitismo internazionale, ancora molto forte, che trova ospitalità anche in Italia sia in certa sinistra, sia in certa destra, specialmente fascista, sia nella maggioranza della stampa. Cosicché in modo assai rozzo, gli israeliani vengono fatti passare - a causa di una propaganda disgustosa - per cattivi, e i palestinesi per povere vittime. Sorvoliamo per brevità su tutte le guerre che hanno insanguinato quelle terre, ma non sui tentativi di istituire uno Stato palestinese che avrebbe consentito una pace duratura. Tentativi immancabilmente falliti.
Una maledizione? Il sospetto è che in Medioriente prevalga l'interesse a tenere alta la tensione e a impedire in Israele la costruzione di un assetto definitivo, non insidiato dai nemici storici. L'antisemitismo gioca un ruolo fondamentale (in Europa e in Italia) nella demolizione sistematica della reputazione israeliana. Un esempio emblematico: se si tratta di celebrare la Shoah, ci sentiamo tutti fratelli degli ebrei e deprechiamo i nazisti e i fascisti che li sterminarono; ma non appena esplode un colpo di fucile lungo i confini dello Stato ebraico, il sentimento di solidarietà nei loro confronti si trasforma subito in antipatia se non in autentico razzismo. In questi giorni ne abbiamo sotto gli occhi la prova.
Hamas fa piovere missili sulla testa dei cittadini di Israele e se costoro rispondono mirando a obiettivi militari, i terroristi obbligano i civili (anche i bambini) della Striscia a proteggerli a costo della vita. Dopo di che si grida allo scandalo perché gli israeliani uccidono i fanciulli. La mistificazione funziona a meraviglia. Tant'è che una parte cospicua dell'opinione pubblica è convinta che gli ebrei abbiano imparato da Hitler a essere crudeli, e massacrino i palestinesi per questioni di dominio territoriale. La disinformazione produce effetti impressionanti, e la propaganda più è sgangherata più viene bevuta dalle masse acritiche. Che ignorano perfino che Hamas è una banda di terroristi che fa del male soprattutto ai palestinesi.