Emilio Diedo, recensione di Sandro Giovannini, ...come vacuità e destino

*LITERARY MAGAZINE

…come vacuità e destino (saggi letterari e metapolitici)

Sandro Giovannini, personalità dalla vivacissima espressione eclettica dotata d’una cultura stratosferica (poeta, saggista, narratore, grafico, organizzatore d’eventi culturali, propositore di forme scrittorie ed artistiche dell’antichità classica, calderone d’idee anche editoriali e multimediali, almeno una cinquina di pubblicazioni di vario genere all’attivo), con questa raccolta di saggi dà continuità alla precedente serie del 2005, L’armonioso fine. Proseguendo in, e di fatto perseguendo, un’analitica metodologia della ricerca, emblematicamente basata sul concetto trinominale hegeliano che, all’insegna d’una codificata filosofia “necessariamente sistema”, sviluppa la famosa dialettica delle tre consequenziali tappe consistenti in una prima tesi, una successiva contraddittoria antitesi e nella finale, riassuntiva sintesi. Coerentemente, Giovannini perviene ad una sua ottimale performance deduttiva, pure lui transitando per tre teoretici periodi. Un primo momento, evocativo della Storia, rappresentato dalla Memoria (cfr. pp. 11-124, I PARTE); un secondo approccio, dialettico-testuale, del Confronto (cfr. pp. 125-278, II PARTE); ed infine raggiungendo la determinante quanto ideale (tra probabilità e utopia) scansione della Speranza (cfr. pp. 279-379, III PARTE). Portando così a compimento non solo un percorso di logica, raffinata escussione ma realizzando altresì un chiaro intento di stimolo, facendo pressione sulla coscienza sociale, culturale ed etica. Confermandosi autore, nella fattispecie saggista, che si fa, oltreché benemerito opinionista, autentico professore di valori e di escatologiche aspettative, sorta di profeta della letteratura. Basti citare “Ricercare le due anime: su Anima-spada ed Anima-libro. La vita dialogante di Pio Filippani Ronconi”, pp. 313-323.

…come vacuità e destino, proposizione del titolo primario d’un sostanzioso (per argomenti, contestuali contenuti e spunti) libro di ben quattrocento pagine, indica inequivocabilmente la posizione filosofica fatalisticamente esistenziale cui l’autore s’ispira. A seconda dell’argomento, interpone osservazioni finalizzate all’oggettiva perfettibilità dei vari presupposti tematici. Volendo egli superare subdoli ostacoli e, proprio perché cosciente di ciò, perseguire un fine prossimo ad un ideale criterio d’oggettività critica, attingendo dalle e facendo tesoro delle insidie e delle equivocabili interpretazioni, sia di tipo esegetico sia di tipo schiettamente (ingenuamente quanto inavvertitamente) soggettivo che il compito del critico in sé molto spesso incontra.

Mentre saggi letterari e metapolitici, precisazione che nel sottotitolo ne dettaglia la duplice prospettiva operativa, più o meno ampiamente letteraria, ed, indicandone la varietà dei contenuti, esattamente nella sua parte terminale (metapolitici) vuole essere presupposto di neutralità ideologica. Condivisa ambizione di voler superare quella maledettissima soglia d’una diplomazia inevitabilmente di partito e conseguentemente di parte, fosse essa di destra o di sinistra. È, metapolitici, aggettivo che rende alquanto efficace quest’eloquente sequela d’interventi critici, assolutamente scevri da qualsiasi contaminazione politica. Aggettivo valido più d’ogni altro abusato attributo, quale sarebbe stato ad esempio apolitici. Anche perché metapolitici fa, in verità, riferimento a tipologie di tematiche ineludibilmente applicabili alla politica e per le quali altri famosi autori hanno detto la loro con un piglio indubbiamente ideologico, in quanto costituzionalmente tale dal lato teoretico, ma, nella sua genesi, non ancora finalizzato a costituire un’ossatura partitica. Giovannini, ancor di più dal lato suo, fa pesare più opportunamente questi saggi sulla bilancia d’una letteratura che sta anni-luce oltre la politica, e non tra le sue ambigue, inquinate sponde. Paradigma in tal senso ne sia “Il tricolore, simbolo e logos”, pp. 328-332.

Semmai all’autore interessa, al di là della discettazione squisitamente informativa da offrire al potenziale fruitore, poter dare risposta ad un precedente interlocutore, oppure fornire un riscontro all’eventuale altro critico che abbia avuto modo di trattare la monografia di pertinenza. Ecco allora come sia possibile, anzi agevole, giustificare le varie dediche «ad amici» (cfr. esergo, p. 9) apposte in buona parte dei saggi.

Quanto al fruitore al quale il saggista si rivolge, dev’essere un lettore raffinato ed iniziato alla filosofia (gli autori in argomento, in ordine di trattazione, sono Heidegger, Jünger e, via via, tanti altri) oltreché interessato all’analisi critica in sé dei contenuti, data la latitudine astratta che spesso i testi rivestono.

Entrare nel merito dei cinquantacinque saggi non è affatto pensabile. Occorrerebbe scrivere un trattato. Quello che si può invece senz’altro fare è generalizzare il contesto saggistico. Nel farlo, si può sostenere con tranquillità che, in una linea mediana, la prestazione critica è d’uno spessore raramente individuabile in altri autori: molto alto, come s’è anticipato.

A determinare l’abbrivo e la conseguente inondante verve di Sandro Giovannini (la qualità del dettato, davvero enorme, non e mai discontinua) è, imparzialità politica a parte, o soprattutto (mi ripeto ma ritengo necessario farlo) l’elevato profilo teoretico. In esso si rendono palesemente vivide le forme del pensiero del nostro autore, il quale sa penetrare in una pluridimensionalità degli argomenti e/o degli autori volta per volta oggetto d’argomentazione, talché la sostanza si fa plasmabile, fremente proposta.

Spesso la formula interrogativa del linguaggio, quando non sia soddisfatta dall’esaustiva diretta risposta, produce l’effetto di provocare la controparte lettrice ad un approccio dialettico che ne saturi l’implicita richiesta. Ed è, questo coinvolgere il lettore, una soluzione davvero degna di nota. Grazie a tale procedere la lettura assume valore attivo piuttosto che passivo.

Concludo, vista l’impossibilità, almeno in questo contesto, di visualizzare ogni singolo testo, con la scelta di prenderne comunque in sintetica considerazione uno. Preferenza che proviene dalla veemenza della sua trattazione che, al di là del forte interesse del tema, raggruppa, una tantum, un amalgama di sinergie. In esso è manifestata la forza critica per eccellenza, commistione di nozioni teoretica, culturale, estetica, esegetica nonché strettamente parafrastica. Laddove soprattutto di quest’ultima caratteristica altre tematiche dello stesso libro ne sono esenti. Per di più il testo attiene ad un’indagine individuale vincolata alla diretta conoscenza dell’autore e del testo proposti da Giovannini. Alludo al saggio “Sul Quarto d’ora di poesia della Decima Mas di Filippo Tommaso Marinetti”, pp. 58-69. Componimento assurto all’Olimpo della poesia di tutti i tempi, che, autentico testamento culturale del Marinetti, apre la soglia futurista (quella ormai estrema, diluita in una più coerente poetica) al tornello esistenzialista. Nelle sue varie stesure e versioni, in sostanza, il nostro saggista disvela la stratificazione epocale, emotiva nonché estetica che il testo, ma ancor di più Marinetti, suo fautore, hanno impresso alla storia dell’arte e, nello specifico, della letteratura italiana, e non solo italiana.

In tali, e tanti, valori scritturali, ma soprattutto del linguaggio, è ricostruibile il saliente, invidiabile identikit di Sandro Giovannini.

Emilio Diedo, Scuola romana di filosofia politica