I blog, il web sociale e il filtro delle cozze
Dai blog ai social network: il web “abitato” è cambiato molto negli ultimi anni. Sono cambiati gli strumenti di pubblicazione, i luoghi di discussione, le persone che via via hanno scoperto questi luoghi e questi strumenti e li hanno piegati ai propri bisogni (narrativi, giornalistici, culturali, identitari, ecc). Qualcosa si è perso, qualcosa si è guadagnato in questo passaggio da un web dominato dai blog a quello attuale, che sembra modellarsi intorno ai social network di nuovissima generazione, e di questo parliamo con Maximiliano Bianchi, noto in rete come Strelnik, web designer, bit worker e blogger dal 2001. «A novembre del 2001 eravamo in Italia una ventina a scrivere in rete attraverso un blog. E ovviamente ci leggevamo più o meno tutti vicendevolmente: una delle cose che può sembrare strana o pleonastica oggi, e che subito mi colpì della prima blogosfera, che chi scriveva un blog leggeva anche gli altri blog, e li riprendeva spesso nei propri post citandoli. C’era – mi pare adesso – una propensione maggiore al link all’esterno, a citare gli altri di più e con più piacere. Il link era una specie di omaggio, ad un contenuto o ad uno stile che si scopriva: una sorta di sorpresa continua verso ciò che si trovava in giro che poi è in parte diventata, vista dall’esterno, un’accusa di autoreferenzialità della blogosfera stessa».
COLLABORAZIONE E AGGREGAZIONE
La vita sul web non è una vita solitaria, o passiva: «La vera natura del web è secondo me una natura collaborativa, di condivisione di un obiettivo e di un fine preciso verso cui lavorare insieme a più teste e più mani, per esempio anche aggregando varie fonti e contenuti. Condivisione e collaborazione vuol dire anche competizione, nel senso originario: “cum petere”, chiedere insieme, avere lo stesso obiettivo. Fare le cose insieme è la cosa che a me piace di più, un rovesciamento copernicano rispetto ad altri contesti tradizionali. Due teste pensano meglio di una, come si diceva una volta e dovrebbe dirsi anche oggi e a maggior ragione. E anche se non c’è un immediato o concreto risultato economico a breve: l’essere umano non è un uomo economico, ha bisogno anche di altro». E le cose cambiano solo relativamente con l’avvento del web sociale: «Molto si è fatto con e attraverso i blog, e molto può essere ancora fatto con i social network: non c’è una vera differenza in tal senso. Indie content producers never die, chi vuole produrre contenuti, chi fa i contenuti, indipendentemente da tutto e da tutti, dagli strumenti o dal contesto tecnologico esterno, non morirà mai, troverà sempre la strada verso gli altri, verso chi è interessato a quel contenuto. Il web finora ha sempre trovato il modo di piegare gli strumenti ai bisogni di chi li usava e arrivare alle persone: per esempio il caso degli “hashtag”, i tag “sociali” che su Twitter e altri social network servono a trovare e riaggregare i contenuti prodotti dagli utenti».
NEWS DAL BASSO, FILTRARE LE NOTIZIE
In alcuni casi tragici e terribili, i semplici cittadini, testimoni oculari dei fatti, sono anche quelli che possono raccontare prima di tutti gli altri quello che accade grazie a cellulari sempre connessi, fotocamere e videocamere digitali. E’ il cosiddetto “citizen journalism” che negli ultimi tempi è molto alimentato (da una parte complicato, dall’altra facilitato) dai social network e del web 2.0 evoluto. Nelle scorse settimane ne abbiamo parlato con alcuni protagonisti ed esperti, da Giuseppe Tempestini a Luca Alagna (aka Ezekiel): entrambi intorno alla protesta in parte analogica e in parte digitale in Iran. E successivamente, intorno alla tragedia di Livorno e del racconto che ne è stato fatto sul web con Alberto Macaluso. Anche Maximiliano collabora con alcuni di questi progetti, che ora si sono aggregati, da varie room di friendfeed, in un tumblr che ne garantisce una fruizione cronologia e “taggata”: iNews, i fatti raccontati attraverso i social media: «Chris Anderson dice che è possibile che nel futuro il direttore di un giornale sarà una specie di community manager, che filtra le notizie prodotte da altri. Il giornalismo rimarrà anche la pratica di chi consuma le suole e batte le strade alla ricerca della notizia; ma sarà sempre più la capacità di filtrare il mare magnum delle notizie provenienti da tutti, protagonisti compresi e dargli un senso. Come sta accadendo con le room su friendfeed o con altri esperimenti di aggregazione di notizie dal basso intorno alle proteste Iran, o in Honduras o in altre parti del mondo, più o meno carenti quanto a libertà di informazione. E’ un po’ il ruolo della cozza, che filtra l’acqua più o meno sporca e la rende più o meno pulita e bevibile. Chi fa questa opera di filtraggio fa un’opera di depurazione delle notizie che arrivano, che spesso sui social media sono confuse, oppure dei falsi volutamente diffusi per controinformazione: è un’opera meritoria, spesso complicata ma sempre più necessaria».
From www.apogeonline.com
(a cura di David Palada)