FUTURISMO 100 SECONDO TUZET

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CENTANNI DI FUTURISMO

(dalla rivista letteraria POESIA- Crocetti Editore)



Il 20 febbraio del 1909 usciva sul “Figaro” di Parigi il Manifesto del Futurismo. Si apriva un’era completamente nuova, di slancio, di rottura e sperimentazione, di libertà spregiudicata e violenta. Si apriva l’era delle Avanguardie. Il clima era stato preparato dalle agitazioni e dai movimenti del secondo Ottocento, soprattutto in Francia: il maledettismo, il simbolismo, il decadentismo, la nascita del verso libero. L’insofferenza verso le forme tradizionali, percepite sempre più come ostacoli e catene, era nell’aria. E il nuovo avanzava nelle scienze, nelle comunicazioni, nei trasporti, nelle costruzioni.

Bastava poco ad accendere la miccia e appiccare l’incendio. Il genio di Marinetti fu di farlo in maniera spettacolare, cogliendo le vibrazioni di quegli anni e concentrandole in un manifesto esplosivo. Altra idea vincente fu quella di alleare le arti: il Manifesto, pur venendo da un letterato, si rivolgeva a tutte le forze della produzione artistica, tutte chiamate alle armi contro un nemico comune: il passatismo. Così negli anni si susseguirono i più vari manifesti, della pittura, dell’architettura, della musica futurista e altri ancora, in un sodalizio fra poeti e artisti diversi votati a una comune battaglia per il rinnovamento della cultura e della bellezza.

Contro il passatismo e la conservazione ottusa il Futurismo esortava alla velocità, alla simultaneità, alla temerità1. Non erano chiacchiere da salotto. Sono rimaste nella cronaca le azioni futuriste, fra le prime quella triestina sfociata in tumulti antiaustriaci e quella veneziana in cui venne lanciato dal campanile di S. Marco, in forma di volantini, il proclama Contro Venezia passatista. Così come sono rimaste celebri, nel bene e nel male, le serate futuriste che puntualmente finivano in gazzarre e cazzotti fra futuristi e passatisti, con annessi arresti, notti in galera e immancabili proclami vittoriosi di Marinetti.

Ma l’annus mirabilis delle lettere futuriste è il 1912. Esce l’antologia I poeti futuristi2 ed esce il Manifesto tecnico della letteratura futurista, dove Marinetti, elaborando le idee del primo manifesto, mette a punto l’arsenale futurista teorizzando la distruzione della sintassi, l’immaginazione senza fili, le parole in libertà.

I frutti non tardarono a venire, soprattutto al di fuori dei futuristi di stretta osservanza. In Francia, Apollinaire decide di abolire la punteggiatura e scrive nel 1912 la caleidoscopica Zone, un pellegrinaggio notturno e sofferente per i ponti e le viscere della metropoli (Parigi), mentre Cendrars compone il suo viaggio ancor più doloroso e allucinato, Les Pâques à New York. Due poesie molto simili, ancora in rima ma libere da forme chiuse ed entrambe esemplificative di uno dei grandi temi del Futurismo e delle altre avanguardie che verranno: la metropoli.

In Italia, oltre a Marinetti, ci sono Lucini, Buzzi, Govoni, Palazzeschi, Soffici, Folgore e tanti altri meno noti. Per alcuni di questi il rapporto con Marinetti e il Futurismo non fu pacifico. C’erano istanze e componenti diverse. La componente dell’anarchismo rivoluzionario (Lucini), una strana miscela di istanze libertarie e nazionaliste (in Marinetti stesso), un’eredità crepuscolare (Govoni), il clownismo e lo sberleffo (Palazzeschi), altro ancora. Ci furono rotture, incomprensioni, allontanamenti. Insomma differenze, ma in un quadro di comune slancio e rinnovamento.

La rivoluzione fu anche tipografica: in opere come Zang Tumb Tumb (1914) Marinetti sperimenta la pagina come una tela tipografica su cui disporre i caratteri in varie forme e grandezze, mentre Apollinaire e Govoni compongono degli stupefacenti calligrammi. Poi, sempre in Italia, c’è Ungaretti. La sua rivoluzione poetica non si comprende senza il Futurismo. L’esperienza cruciale della guerra3 agisce in lui come elemento che scatena una reazione le cui componenti sono tutte futuriste.

Altre avanguardie nacquero presto, in aperta dialettica con il Futurismo ma riprendendone l’atteggiamento di sfida e polemica accesissima contro le istituzioni letterarie e non solo; il Futurismo russo che condivideva gli assunti teorico-estetici di quello italiano ma perseguiva orientamenti politici opposti; Dada in area franco-tedesca con propaggini italiane (Evola) e in generale continuità con le espressioni più anarchiche e giocose del Futurismo (Palazzeschi); poi l’Espressionismo e il Surrealismo rispettivamente in Germania e in Francia. In Inghilterra l’Imagismo e il Vorticismo, anch’essi in polemica e dialettica con la nostra avanguardia. Majakovskij, Ball, Tzara, Breton e Pound sono figure che, in un modo o nell’altro, si rapportano a Marinetti, distanziandosi dalle sue tesi ma emulandone il gesto, dicendo cosa si deve assolutamente fare in poesia nella nuova epoca che si è spalancata (dopo il 20 febbraio 1909).

Altri tempi, si dirà. Certamente. (Fra l’altro, chiedetevi che grande quotidiano darebbe oggi la prima pagina a un manifesto poetico). Certamente un’altra epoca. Come diversa era la percezione della violenza, più di casa allora che nel nostro mondo, comunque non fine a se stessa ma mezzo da utilizzare nella lotta per gli ideali estetici e politici. C’era l’idea della rivoluzione a tenere svegli. Ma anche il tema della trasfigurazione, il superamento dei limiti umani. Già nel Manifesto tecnico Marinetti invocava “l’uomo meccanico dalle parti cambiabili”. “L’uomo moltiplicato che noi sogniamo, non conoscerà la tragedia della vecchiaia!” (da Guerra sola igiene del mondo, del 1915). Infine il tema ritorna nell’ultima poesia composta poco prima della morte, il Quarto d’ora di Poesia della X Mas, del 1944: “Vibra a lunghe corde tese che i proiettili strimpellano la voluttuosa prima linea di combattimento ed è una tuonante catedrale coricata a implorare Gesù con schianti di petti lacerati // Saremo siamo le inginocchiate mitragliatrici a canne palpitanti di preghiere // Bacio ribaciare le armi chiodate di mille mille mille cuori tutti traforati dal veemente oblio eterno.”

Altri tempi e altre teste. Ma l’eredità di Marinetti e del Futurismo è immensa. Oltre ai movimenti menzionati, tutto il corso del Novecento è costellato di gruppi e neo-avanguardie che riprendono lo slancio futurista contro il culto del passato e la sua ottusa conservazione. Per venire a noi, il funambolismo di un Sanguineti e lo stile onnivoro di un Zanzotto derivano da diverse componenti futuriste, pur se li divide dal Futurismo un gran numero di cose (l’ideologia e il messaggio sulla guerra in particolare). Per non parlare del linguaggio dei media e della moda. Stilisticamente, il Futurismo si è imposto.

Quale bilancio? L’inventiva e il fiuto di Marinetti erano straordinari. Le sue vere opere sono i Manifesti e gli scritti normativi, dove il linguaggio è più duro ed asciutto, ma brillante di invenzioni. Però non si possono tacere le ragioni dell’esaurimento delle avanguardie di inizio secolo e delle neo-avanguardie: l’impossibile rescissione del rapporto con il passato, i limiti dell’arte intenzionale e concettuale, la necessità dell’equilibrio di forma e contenuto. I risultati migliori del futurismo sono stati in chi ne ha appresa la lezione senza identificarsi in esso. Ungaretti o Zanzotto, per fare due massimi esempi. Sono peraltro da riscoprire alcuni autori che, come Govoni e Folgore, non si sono limitati a descrivere il nuovo mondo e i suoi artifici, spesso rappresentati tramite immagini naturali (i tram come “rondini gialle”, Soffici), ma hanno anche cercato una rappresentazione futurista e innovativa del mondo naturale (il bosco come una “città d’alberi”, Folgore).

C’è poi un’obiezione di natura logica, come ho scritto altrove. Contrariamente a quanto dice il Manifesto tecnico del 1912, è proprio la mancanza di articolazioni ad impedire il dinamismo. Già l’acuto Livsic, futurista russo, lo intuì e lo obbiettò al fondatore del Futurismo: fra il testo scritto di Zang Tumb Tumb e la sua declamazione dalla voce dell’autore correva un abisso. Perché tanta differenza fra le parole in libertà sulla carta e le parole organizzate nella recitazione? Perché tanta differenza fra le parole scritte e declamate? Due punti, punti esclamativi, parentesi, strutture e scansioni di ogni tipo, di forma e contenuto, danno il ritmo. Un testo è dinamico in virtù delle sue articolazioni. Dove ad esse si sostituiscono parole in assoluta libertà, il risultato è un brulicare monotono e facile. Se questo è vero, è necessario recuperare l’idea di una logica del verso e del comporre. Contro l’idea che la poesia sia il regno dell’evasione, delle parole in libertà, del flusso di coscienza, del blabla, dobbiamo opporre un’idea di poesia logica.

Per concludere il bilancio manca un punto. Sul piano dell’espressione, il Futurismo si è imposto. Non sul piano della cultura. Nella nostra società italiana ancora così legata al passato, alle tradizioni, alle reliquie, alle pietre e pietruzze di ogni genere, a forme di conservazione e immobilismo, se non di feudalesimo, non credo faccia male ripassare la lezione futurista. Al contrario.


Giovanni Tuzet

 Il manifesto del 1909 e altri scritti principali sono raccolti in F.T. Marinetti, Teoria e invenzione futurista, a cura di L. De Maria, Milano, Mondadori, 1968.

 I poeti futuristi, con un proclama di F.T. Marinetti e uno studio sul Verso libero di P. Buzzi, Milano, Edizioni futuriste di “Poesia”, 1912.

 Vedi i testi raccolti in A. Cortellessa (a cura di), Le notti chiare erano tutte un’alba. Antologia dei poeti italiani nella Prima guerra mondiale, Milano, Bruno Mondadori, 1998. Anche Cendrars, fra gli altri, scrive un’opera bellica di taglio futurista e patriottico, La guerre au Luxembourg (1916).

 Vedi ad es. H. Ball, La fuga dal tempo (1927), a cura di P. Taino, Udine, Campanotto, 2006, p. 65; E. Pound, Opere scelte, a cura di M. de Rachewiltz, Milano, Mondadori, 1970, p. 1196.

 G. Tuzet, Sia la poesia logica!, in A regola d’arte, Ferrara, Este Edition 2007.

(***Giovanni Tuzet)

Nato a Ferrara nel 1972, insegna Filosofia del diritto presso l’Università Bocconi di Milano. Oltre a numerosi articoli e scritti di filosofia e letteratura, ha pubblicato tre raccolte di poesia;  promotore del cosiddetto futurismo logico è anche incluso in un paio di E-Book, biografia e antimanifesto editi da Futurismo Editions On line)

http://www.poesia.it/Archivio/2009/somm_04_09.htm 

http://www.atelierpoesia.splinder.com/tag/novit%C3%A0+editoriali

http://www.youtube.com/watch?v=YaBmqQH6QuQ  FILMATO