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AUTORITA', POTERE E STRAVAGANZA NEL NOME DEI KIM OVVERO L'ENIGMA NORDCOREANO

In una cosa Putin ha ragione, se pur con un'interessata affermazione di circostanza di stampo anti.occidentale: Kim jong un è certamente un politico maturo; manca solo un piccolo particolare: rappresenta in ogni caso una mina vagante, imprevedibile e pericolosa probabilmente anche per sé stesso. La politica estera della Corea del Nord, ma anche la sua politica interna, che non prescinde dalle relazioni internazionali, può essere vista attraverso l'ottica della percezione di una minaccia esterna - "il dilemma della sicurezza"- e di una interna, appunto,, incentrata sulla conservazione del potere, un'impostazione analitica che consente di inquadrare l'ambiente interno ed internazionale di Pyongyang, come la causa dei comportamenti provocatori del regime. Non si preoccupi chi legge questa mia nota: non nutro nessuna particolare simpatia per il regime dell'ultimo rampollo dei Kim. Quello che vorrei sfatare è il pregiudizio- spesso apparentemente fondato. di irrazionalità, se non di vera e propria folli, che circonda spesso le azioni e i proclami del regime. E' del resto una caratteristica sempre più tipica del dilagante (e non di rado giustificato) metro di giudizio (sovente anche tartufesco), con i quali si formulano i giudizi o i commenti di politica estera in genere. Se è vero che è prassi diffusa persino tra i decisori politici, i quali in realtà si muovono confusamente tra visioni in cui l'avversario è dipinto come un pazzo o un criminale o ancora autore di compartimenti più cinici che realistici. Occorre fare giustizia di molti comportamenti sbagliati, non dimenticando l'erratica figura del protagonista si questa vicenda: a tale proposito va fatta giustizia di questi approcci ideologici ed è opportuno risalire alla rappresentazione del mondo esterno che il regime nordcoreano ha costruito fin dalle sue origini. Pertanto va studiato il perché dei comportamenti nordcoreani non tanto sul piano della paranoia, quanto su quello dell'ossessione della sicurezza che accompagna la storia del sistema al potere a Pyongyang dal dopoguerra. Nonostante qualche riforma capitalistica, non confessata, quello della Corea del nord è rimasto l'ultimo baluardo del comunismo più ortodosso, mentre i suoi vecchi alleati (l'URSS) sono scomparsi o completamente trasformati (la Cina), anche si ripropongono larvatamente sotto diverse forme (il caso Putin ci insegna). La scelta di divenire una potenza nucleare punta ad uscire dall'isolamento e, accanto alla ricerca di un non facile dialogo con la Corea del Sud e del Giappone mirato al settore economico, a proporsi come potenza dell'Estremo Oriente. Da non sottovalutare in questi sviluppi l'infeudazione della famiglia Kim nel regime comunista, fino a farne un indissolubile - e per ora indistinguibile-tutt'uno. Del resto lo stretto rapporto tra il partito e l'esercito è simile a quello cinese (quindi non una specificità nordcoreana). La concentrazione del potere assoluto nelle mani della famiglia Kim - secondo un modello dispotico-orientale tradizionale- riesce ad attingere in una rappresentazione che vive naturalmente nei nordcoreani, aldilà degli inevitabili dissensi. La Corea del Nord è scaltra nel usare il proprio ricatto verso la Corea del Sud e ha messo in scena uno show-down di proporzioni cosmiche con gli Stati Uniti, irrompendo a gamba tesa nel contenzioso globale tra gli USA e i suoi avversari grandi e piccoli sullo scacchiere mondiale. Un gioco d'azzardo, quello di Kim, nella convinzione che nessun'altra strategia gli potrebbe garantire la sopravvivenza.
Casalino Pierluigi

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