Gli avvenimenti descritti nei poemi omerici, per quel che vi è di storico in essi, si svolsero prevalentemente verso il 1200 a.C. I poemi stessi, molto probabilmente, furono scritti parecchio tempo dopo, benché riflettano tradizioni che risalgono non solo alla guerra di Troia, ma ad epoca di gran lunga anteriore. Non meno di mezzo millennio può essere passato tra le prime vicende descritte nei poemi e la data in cui questi furono composti, durante tale periodo si ebbero la decadenza della civiltà micenea , la guerra di Troia, l'invasione dorica, e chissà quali altri sconvolgimenti che non conosciamo. Le trasformazioni sociali, politiche e linguistiche prodotte da tali rivolgimenti si rispecchiano nei poemi omerici, ma solo in modo piuttosto frammentario e non tale da consentirci di ricostruire un quadro organico di storia sociale, e tanto meno letteraria. Si può peraltro dire che, se tutto questo lungo periodo v iene osservato a distanza in una visione d'insieme, l'accento cade soprattutto sulla prima parte, quella cioè anteriore al 1000 a.C., mentre il periodo tra il 1000 e l'800 è uno dei più oscuri di tutta la storia antica. Così Omero fa deliberatamente dell'arcaismo senza naturalmente raggiungere del tutto lo scopo o riuscire coerente, comune alla poesia epica. Questa tendenza arcaizzante è particolarmente evidente per quel che riguarda le vicende politiche: ne consegue che abbiamo un quadro non degli antecedenti immediati della Città-Stato, bensì di quelli remoti. In questo senso la nostra posizione differisce molto da quella di un Greco dell'età classica: i poemi omerici e i miti tradizionali erano press'a poco tutto quanto egli sapeva della sua storia primitiva. Ma noi abbiamo il vantaggio di sapere che quel periodo fu lungo e di possedere, grazie all'archeologia, maggiori informazioni sulla civiltà micenea di quanto ne avesse un Greco dell'età classica, noi quindi ci guardiamo bene dal contrarre cinque secoli in uno. Ma ciò che soprattutto ci interessa non è la cronologia della preistoria, bensì le nozioni politiche che i Greci derivarono dalla loro antica e profonda familiarità con i poemi omerici. In tale contesto non si trova un'immagine chiara del potere politico realmente esercitata, pur trovando esempi di qualcosa che somiglia a una organizzazione politica, due nell'Iliade e due nell'Odissea, sempre però visti con occhi grechi. In Omero la parola polis significa città, ma non Stato come sarà più tardi, cioè la polis di Aristotele e di Tucidide. Gli abitanti della polis omerica dividevano, tuttavia, con il re il diritto di viverci e di difenderla e la capacità di portare armi continuò a lungo nella mentalità greca. L'eroe omerica mirava ad eccellere secondo il consiglio dato da Fenice ad Achille. Da ciò derivarono anche infelici conseguenze dalla vita militare a quella civile. Non fu naturalmente da Omero che il Greco derivò la sua passione per l'indipendenza, l'esecrazione della tirannide, le fede nell'ordinata libertà o qualunque altra delle idee caratteristiche della Città-Stato; e ancor meno gli deve direttamente qualcosa il pensiero politico moderno. Ma, ciò non dimeno, per il pensiero politico greco, i poemi omerici significavano egualmente molto. Questo è vero per il mondo politico arcaico e lo è anche per l'epoca di Platone e di Aristotele, che, in ogni caso, citano ampiamente Omero. E non lo fanno per mero vezzo letterario, ma perché, piaccia o meno, i poemi omerici appartenevano a quella che con parole moderne diremmo "la letteratura sull'argomento".
Casalino Pierluiigi
Casalino Pierluiigi