IL MISTERO DI ZARATHUSTRA E LA RELIGIONE DEL FUOCO

In Also sprach Zarathustra, opera capitale di Nietzsche si leggono le misteriose parole di questo misterioso fondatore di una religione, quella iranica, che porta il suo nome deformato poi in zoroastrismo, nell'accezione greca, o mazdeismo, dal nome della sua divinità suprema Ahura Mazda. Parole, peraltro inventate dal genio nietzschiano, che pongono Zarathustra a confronto con quel Gesù che "conosceva soltanto le lacrime e la malinconia dell'ebreo..., e, che, morto troppo presto, avrebbe ritrattato la sua stessa dottrina, se fosse giunto alla mia età..." In realtà, Zarathustra, personaggio a dire il vero ben più complesso e suggestivo, sarebbe entrato in scena molto tempo prima di Cristo, anche se in un periodo storico indefinito e convulso che le ipotesi degli storici indicano approssimativamente tra la fine del II millennio e gli inizi del IV secolo a.C., al punto tale che non è mancato chi lo ha ricondotto nell'ambito di una figura mitica, prototipo di una religiosità specifica che è quella iranica con le sue caratteristiche mobili e fluide. Fare il punto critico-storico dello zoroastrismo è cosa assai difficile, che richiede una particolare duttilità ermeneutica. Per comprendere a pieno lo zoroastrismo e comunque l'anima iranica che lo sottende (e ciò anche per capire il senso dell'odierno Iran religioso e politico, che, mutatis mutandis, da quello antico discende) occorre ripercorrere il percorso dal cui alveo è nato il fenomeno zoroastriano e successivamente si è evoluto e sviluppato nei secoli, inaridendosi sotto il peso di nuovi poteri politici e religiosi. Ci si muove al riguardo nel contest etnico-territoriale dell'Iran e zone limitrofe, partendo dalla rilettura delle iscrizioni in antico persiano di imperatori famosi come Dario e Serse, collocati al vertice del pantheon supremo zoroastriano. Ci vengono in mente, in proposito, gli storici greci e latini su quel fenomeno che si intrecciò con l'Ellade e con Alessandro Magno, ma anche con l'India antica e le sue pertinenze geografiche e politiche. "Il grande Dio è Ahura Mazda che ha creato l'uomo, che ha crearto la felicità e la beatitudine per l'uomo, che ha fatto Dario re, un solo re tra molti, un solo sovrano tra molti". "Dice Serse, il re: non appena divenni re c'era tra i paesi...uno che si era ribellato. successivamente Ahura Mazda mi è venuto in aiuto". La base scritturistica del mazdeismo è l'Avesta, il poema nazionale e ancestrale dell'Iran  e della sua cultura, ancora oggi oggetto di venerazione nelle case degli iraniani e in cui si riconoscono più ancora che nello sciismo islamico, che costituisce già una variante nazionalizzata della religione musulmana. L'Avesta è un canone, costituito da molti testi, che si divide in due tipi, l'antica e la recente. L'evoluzione storica condiziona il modello teologico-rituale dell'opera, che si ricostruisce anche grazie a fonti esterne classiche (greche e latine come detto), ebraiche, siriache, armene e arabe o a quelle pahlavi, la lingua della Persia sassanide, in una sorta di curioso fenomeno linguistico che aveva linguistico derivato dall'aramaico, la lingua franca del vicino Oriente antico prima del greco e poi del latino. Fiorisce su questa base un complicato cerimoniale che viene celebrata in seno al Tempio del Fuoco, il simbolo in cui si identifica universalmente il verbo zoroastriano. A fianco di questa teoria liturgica si sviluppa e si ramifica una una via creativa che apre una riflessione sulla categoria "tempo", intrecciata con quella dello "spazio" in una dimensione spaziale cosmica, dove si distingue brilla la dottrina della resurrezione e del giudizio finale, che ha esercitato una notevole influenza sul giudaismo post-esilico. Sorge qui il dualismo Ohrmazd (Ahura Mazda in pahalavi) e Ahreman come due poli antitetici, che si esaurisce in un dualismo etico con un aldilà molto simile a quello cristiano che troverà punti di contatto tramite il mitraismo. Si procede in questa realtà prevalentemente incognita o nota per stereotipi, quindi, per ricostruirne il lascito. Che cosa ci rimane dello zoroastrismo dopo il crollo dell'Impero sassanide e l'irrompere della potenza arabo-islamica? Una crisi lenta che ha portato al ridursi di questa religione a poco più di duecentomila fedeli tra India e Persia, ma che a livello popolare di tradizione resta ancorata nel cuore degli iraniani e di quanti di quella cultura vivono ai confini dell'Iran e che si può definire sempre la religione del fuoco.
Casalino Pierluigi