Casalino Pierluigi
Certamente Auguste Comte era un uomo "positivo" come ben si ricorda dai ricordi della filosofia liceale. Un uomo con i piedi per terra, proiettato sull'avvenire con intuizioni di grande respiro, attualissime. Più di due secoli fa Comte aveva affrontato il dilemma della Francia di questi ultimi anni, tanto più pressante dopo l'ondata di attentati che ha toccato anche altri paesi d'Europa. E cioè se si possa vivere solo di laicismo o se una religione, alla fine, sia necessaria per strutturare una società. Il pensatore francese dell'Ottocento diede le sue risposte: quello che i suoi discepoli chiamavano "il pontefice di una religione senza divinità e trascendenze. Aveva fiducia nel futuro rivoluzionario della scienza, ma riteneva che quest'ultima da sola non fosse sufficiente a tenere insieme una società, ma che ci volesse una religione, se pur senza il soprannaturale, né dogmi, una religione "leggera". In questo senso, paradossalmente, apprezzava l'Islam, che giudicava "semplice" e dal punto di vista teorico trampolino ideale verso una religione "positivista". non credo che oggi potrebbe ritrovarsi nel fanatismo politico di questa fede, tuttavia. Comte fu l'unico a comprendere che "la religione è un'attività meramente sociale, basata sulla fissazione di riti e di cerimonie". Fu il riferimento della scuola pubblica in Francia, il cui fondatore, Jules Ferry, ebbe ammirazione per lui, così come l'ebbe lo statista George Clemenceau, che nel positivismo trovarono le radice di una certa Francia repubblicana, laica e razionale. Senza contare che l'anticolonialismo di Comte (che fu tra i rari intellettuali ad opporsi all'occupazione dell'Algeria) e le sue critiche al razzismo lo hanno fatto apprezzare anche dalla sinistra. Particolare era comunque Auguste Compte, perché era uomo travagliato e probabilmente non così totalmente positivo: amava la lingua italiana, che giudicava come la lingua dell'amore. Leggeva Petrarca e Dante, adorava l'opera italiana e adorava Donizzetti, specialmente, tutti elementi che portavano un briciolo di serenità nella sua esistenza difficile.
Certamente Auguste Comte era un uomo "positivo" come ben si ricorda dai ricordi della filosofia liceale. Un uomo con i piedi per terra, proiettato sull'avvenire con intuizioni di grande respiro, attualissime. Più di due secoli fa Comte aveva affrontato il dilemma della Francia di questi ultimi anni, tanto più pressante dopo l'ondata di attentati che ha toccato anche altri paesi d'Europa. E cioè se si possa vivere solo di laicismo o se una religione, alla fine, sia necessaria per strutturare una società. Il pensatore francese dell'Ottocento diede le sue risposte: quello che i suoi discepoli chiamavano "il pontefice di una religione senza divinità e trascendenze. Aveva fiducia nel futuro rivoluzionario della scienza, ma riteneva che quest'ultima da sola non fosse sufficiente a tenere insieme una società, ma che ci volesse una religione, se pur senza il soprannaturale, né dogmi, una religione "leggera". In questo senso, paradossalmente, apprezzava l'Islam, che giudicava "semplice" e dal punto di vista teorico trampolino ideale verso una religione "positivista". non credo che oggi potrebbe ritrovarsi nel fanatismo politico di questa fede, tuttavia. Comte fu l'unico a comprendere che "la religione è un'attività meramente sociale, basata sulla fissazione di riti e di cerimonie". Fu il riferimento della scuola pubblica in Francia, il cui fondatore, Jules Ferry, ebbe ammirazione per lui, così come l'ebbe lo statista George Clemenceau, che nel positivismo trovarono le radice di una certa Francia repubblicana, laica e razionale. Senza contare che l'anticolonialismo di Comte (che fu tra i rari intellettuali ad opporsi all'occupazione dell'Algeria) e le sue critiche al razzismo lo hanno fatto apprezzare anche dalla sinistra. Particolare era comunque Auguste Compte, perché era uomo travagliato e probabilmente non così totalmente positivo: amava la lingua italiana, che giudicava come la lingua dell'amore. Leggeva Petrarca e Dante, adorava l'opera italiana e adorava Donizzetti, specialmente, tutti elementi che portavano un briciolo di serenità nella sua esistenza difficile.