La cultura araba e gli inizi della poesia italiana

Le influenze della poesia araba, ma anche delle altre espressioni
della cultura dell'Islam, sulla letteratura italiana delle origini (ma
non solo) sono profonde e ancora oggetto di studio per le implicazioni
tematiche, stilistiche e spirituali che tale argomento presenta nel
rapporto più vasto tra l'Arabismo classico e l'Europa latina. Ne
deriva, in particolare, in tale contesto, un approccio nuovo e
straordinariamente fecondo alle esperienze dei due più grandi e
solitari poeti del Duecento italiano, Cavalcanti e Dante (di cui si
celebra il 750 anniversario della nascita). A tale proposito si è
aperto un capitolo interessantissimo che ha come fine la ricerca sul
Cavalcanti di "Donna me prega" e sul Dante del "Convivio", opere,
entrambe, ma non solo queste, dove si colgono, in larga misura, echi
di suggestioni mistiche e filosofiche di origine araba (Ibn Arabi, Ibn
Sina, cioè l'Avicenna dei latini, ma anche di Ibn Rushd, l'Averroè dei
latini, se pur quest'ultimo è più presente in altri testi danteschi
sia per l'influsso filosofico che critico). La ricerca, come di è
detto, proietta sul palcoscenico della grande cultura latina del XIII
secolo questi due autori, il cui contributo è percorso da illustri
testi greci e arabi, appunto, oltre che da mirabili commenti che
rimisero in discussione le basi della passata cultura. Da questa
affascinante civiltà emergono e si manifestano a noi, come segnali
luminosi, problematiche inedite e suggestive sull'essenza d'amore,
della nobiltà, della felicità: in altri termini un'esigenza urgente e
ineliminabile di comprendere le idee ed il senso dei concetti
fondamentali dell'essere e del mondo. Cavalcanti e Dante vissero con
genio creativo questa avventura filosofica, sperimentarono, l'uno in
chiave eterodossa e l'altro in chiave ortodossa, una "felicità
mentale" (le rimando al riguardo al mio precedente intervento su "La
felicità mentale ovvero la non sottomissione della mente" su Asino
Rosso My Blog) che così profonde tracce lasciò nei loro scritti. Si
incontrano in questo itinerario tutto da scoprire ipotesi impreviste,
anzi a sorpresa, che offrono lo spunto per approfondire, e
l'applicazione al secolo XIII, di nozioni teoriche come quella dei
campi semantici mobili che illuminano sul modo di parlare di una
cultura. Ed è proprio sotto questo aspetto che maggiori si colgono i
contributi della cultura araba.
Casalino Pierluigi, 22.10.2015