Pl. Casalino: Kautilya, il Machiavelli dell'India +VIDEO


 

I quindici libri dell'Arthasastra sono una scoperta dell'India britannica che l'Occidente non ha cessato di analizzare. Studiosi, politici e politologi hanno cominciato a prenderne conoscenza con crescente interesse. L'Arthasasta di Kautilya è un corridoio oscuro di iniziazione al potere, un chiaro trattato di economia di Stato, di buon governo, misto ad un'elevata dose di realismo politico e di determinazione, di arte della guerra e della pace. Se la data di composizione di questo testo è come pensano molti è il IV secolo della nostra era, qualcuno in India dettava l'Arthasastra mentre nel Mediterraneo la Repubblica e le Leggi di Platone, la Politica di Aristotele fornivano il monumento politico dei Greci. Ma non vale per l'Antica India quel che Montesquieu diceva degli antichi, che veneravano soprattutto chi fosse in grado di inventare qualcosa in materia politica. Il nome tradizionale dell'autore è una specie di bandiera gialla: Kautilya, quasi certamente il Primo Ministro di Candragupta Maurya, sovrano dell'India centrosettentrionale. Kautilya, che qualcuno traduce con Scaltro, altri con Falsità, altri ancora con Tortuosità (Crookedness). Chi tratta l'Artha non certo un santo e Il Principe di Niccolò Machiavelli al confronto di questo libro appare la morale per un'educanda. Immaginato ministro plenipotenziario e potente di un grande regno, collocato in un'India in quel tempo meno frammentata dell'Italia di Machiavelli e Guicciardini, il testo non consegna che il distacco di un teorico glaciale e spregiudicato che traduce in nitida parola geometrica la sua scienza dell'uomo e del potere. Kautilya è una maschera: la scienza del'Artha è l'Impostura stessa a trasmetterla all'orecchio dell'uomo di potere, trasformandolo nel protagonista e nell'autore di un modello di determinazione e di controllo sociale unico nel suo genere. Tuttavia l'Artha non si lega a nessun giudizio morale:l'universo dei valori non si riflette nell'Arthasastra, che si occupa di non-valori, come la ricchezza pubblica, il lavoro, la conquista territoriale, l'organizzazione dello Stato. La società non si riconosce nella transitorietà dello Stato, ma nell'eternità del sistema delle caste. Le analogie con il Principe sono altre e comunque sempre rapportate all'ambiente storico dell'India Antica e alla sua differenza on quella dell'Italia Rinascimentale (vedi The History of Ancient Indian Politica Thought, Cambridge University Press). Il dogma della nostra civiltà è invece la centralità, il primato gerarchico dell'Interesse. Polverizzate le classi, la società si identifica solamente nello Stato, nella precarietà e nell'estraneità di esso si specchia la sua angoscia cupa e drammatica. C'è oggi una malattia infinita della politica e dell'economia, che il dogma del primato costringe ad una condizione assurda e ormai compassionevole. Gli indologi hanno rilevato la dipendenza, fino all'imitazione, del Kamasutra, il trattato erotico classico, dall'Arthasastra. In quanto perseguimento del piacere, Kama (l'Eros) è una pura proiezione dell'Artha, appartiene alla dimensione del non-valore: quando Kama è valore ecco l'amore, come la politica, straziato dai demoni morali. Inoltre tutta l'arte di amare è concepita nel Kamasutra di Vatsyayana come scienza politica, Arthasastra: al posto del re c'è il conquistatore di donne e la donna conquistata cerca di far rendere il più possibile la propria resa. Kama, dunque, è una marionetta dell'Artha, che anche per il filo del denaro lo lega a sé. A sua volta lo Stato di Kautilya trae ottimi profitti, com'è giusto, dalle professioni erotiche. L'Arthasastra semina spie come il riso al'interno e all'estero. L'attività delle spie si manifesta e si estende anche fuori dei patrii confini, nei territori non soggetti, per fomentare disordini, rivolte, dissidi e rovine. In base ai rapporti degli agenti segreti, il re userà contro nemici occulti e funzionari infedeli o corrotti il suo potere personale assoluto (l'Arthasastra è quindi una versione ante litteram del Dispotismo Orientale, teorizzato da Vittfogel), cioè il "danda", ma senza clamore, sottilmente: una statolatria totalitaria di straordinario e spietato realismo, fino all'eliminazione fisica senza processo. E pure se spiato e controllato, lo Stato di Kautilya non uno Stato di moderna polizia, ma è l'arte del governo assoluto, il modello perfetto dell'ordine calato dall'alto. Di fronte alla moderna tirannia, il cittadino è nudo, mentre in Kautilya è coperto dalla società e dai riti che non si identificano con lo Stato. Il libro VII, dedicato alla politica estera è il vero capolavoro dell'Arthasastra. L'acme del fantastico e della bravura in un crescendo di prove e di abilità si raggiunge nel rincorresi delle dimensioni della pace e della guerra con la stupefacente destrezza di un giocoliere fatato. Realtà e irrealtà si mischiano in un gioco di incessanti colpi di scena: non esiste un vero amico, né un vero nemico in questa sarabanda di azioni e di reazioni e di sfide all'insegna della mobilità dell'Interesse del Re. Allora cosa distingue dal non-essere, dal non-valore?. Cos'è l'Arthasastra? L'Arthasastra è veramente qualcosa? L'unico trionfatore è la spia, che tanto è più efficace e credibile, quindi utile, in ragione dei suoi travestimenti: ma anche il mestiere della spia, il mestiere che nasconde la spia, si dissolve; se la realtà è la spia, che cos'è un artigiano, un musicante,m un cuoco? O un artista. O sono sono la stessa cosa?O qualcos'altro? L'Arthasastra è tutto, sconcertante universo d'insiemi, di contrari e di opposti, insuperata scuola di rappresentazione della forza suggestiva del potere.
Casalino Pierluigi, 16.05.2013