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La politica delle cose come sono e non come dovrebbero essere

 


Era il 1513 e Machiavelli, che aveva "tradito" i Medici per la Repubblica, al loro ritorno a Firenze subì il carcere, la tortura e l'esilio. Nel rustico podere della Val di Pesa, l'Albergaccio, di giorno si "ingaglioffava" con il volgo, ma la sera vestiva i panni "regali e curiali" per dialogare con Dante e Petrarca. In quell'ambiente vi scrisse "IL PRINCIPE". La sua carriera di diplomatico si era conclusa: gli restava quella di scrittore, anche le sue opere verranno pubblicate  dopo la sua morte, all'età di 58 anni, che avvenne nel 1527, nello stesso anno del "Sacco di Roma", triste prova della fondatezza dei suoi lamenti sull'Italia occupata dagli stranieri, cioè da quei "barbari" dai quali invitava, inascoltato e in modo ricorrente, a liberarsi. Con Machiavelli era nata una scienza nuova, che andava direttamente alla realtà effettuale delle cose, anticipando così in grandi teorici del pensiero politico moderno, da Thomas Hobbes ai filosofi della Ragion di Stato e della Realpolitik, sostituendo le concezioni della società politica fondate sulla morale (Platone) e sulla religione (S. Agostino). La rivalutazione di Niccolò Machiavelli trovò riscontro proprio nel periodo dell'Unità Nazionale.  Machiavelli fu l'inventore della moderna scienza politica, anche se alcune correnti gli attribuirono alcune spregiudicate degenerazioni, a dire il vero, scaturite da forzature spesso di maniera e/o interessate. La vasta corrente dell'Antimachiavellismo, da Maritain a Meinecke, da Aron a Capograssi condanna la politica come riflesso della cattiveria degli uomini, mentre Machiavelli ne analizza, se pur con il pessimismo agostiniano, i meccanismi naturali e storici. Distinguere la politica dalla morale è, in ogni caso, utile e saggio. Separare le due attività comporta il sorgere di una politica amorale, se non addirittura immorale, basata sulla forza e l'inganno: è questa la via che conduce alla tirannia. E' stato spesso proposto un parallelo tra un precursore di Machiavelli, Kauitilya, l'antico autore indiano dell'Arthasasta, coevo di Aristotele e detto anche il Machiavelli dell'India, e il Segretario Fiorentino. In proposito va rilevato, e non a torto, che, nonostante i diversi contesti storici in cui maturano le due esperienze di cultura politica, che se con "Il Principe" Machiavelli abbiamo la grammatica del potere, con "L'Arthasastra" di Kautilya abbiamo un'autentica sintassi del potere. La scienza dell'Artha è la scienza dell'impostura e del controllo sociale spietato da parte del principe, mentre quella di Machiavelli, invece, è quella di di un principe che se da un lato deve essere per metà leone e per metà volpe per riuscire nel suo intento (non vuole essere cattivo, ma, in certe circostanze, "impara a poter essere non buone"), dall'altro deve guardare al governo delle cose e quindi degli uomini con sano realismo, in vista di una società ordinata (leggi sul Web gli articoli di Casalino Pierluigi: "L'Arthasastra di Kautilya e Il Principe di Machiavelli"( casalino pierluigi.bloog.it/ 13.03.2012) e "Kautilya and Machiavelli" (casalinopierluigi.bloog.it/26.10.2013). 
Casalino Pierluigi, 12.05.2013

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