LA CUPOLA DELLA ROCCIASi può parlare di manifesto quando viene messo a punto il procedimento della cromolitografia (J.Chèret,1866) che subito attira il contributo di artisti del valore di Toulouse-Lautrec e di Bonnard. Da allora in poi è entrato di diritto nell’ambito delle arti grafiche e ha goduto di notevole fortuna: dall’Art Nouveau al Bauhaus, alle avanguardie storiche, quasi tutte le tendenze dell’arte contemporanea hanno voluto sperimentare le sue potenzialità. Straordinario veicolo di comunicazione visiva, ha saputo resistere all’avvento di radio e televisione, ritagliandosi uno spazio tutt’altro che marginale nel settore pubblicitario. Nell’epoca dell’informatica, inoltre, ha saputo arricchirsi di nuove e suggestive espressioni creative, esprimendo esperienze di notevole livello inventivo. Il salto di qualità nella sua diffusione è dunque dovuto alla nascita della società di massa: non sorprende, pertanto, che il manifesto si trovi a svolgere un ruolo rilevante nel paese economicamente al’avanguardia per tutta la seconda metà del XX secolo, gli Stati Uniti d’America. Qui il manifesto viene almeno in parte riassorbito nell’orbita estetica, grazie soprattutto alla Pop Art. In seno a questa tendenza, il manifesto, insieme a molti altri prodotti della civiltà neocapitalista conosce una sorte duplice: se, infatti, per gli artisti “pop” protagonista è la realtà della vita americana di massa, gli elementi più significativi che la descrivono divengono, quindi, prodotti di rapido consumo, i messaggi dei mass media, i fumetti e i cartelloni pubblicitari. E’ un paesaggio urbano nel quale gli alberi sono stati sostituiti da giganteschi manifesti, che diventano di conseguenza oggetti della rappresentazione. Il manifesto continua ad essere un mezzo molto impiegato dagli artisti “pop” ma anche in altri contesti artistici e pubblicitari: Robert Rauschenberg, ad esempio, è attratto dalle “immagini in superficie” e nel 1971 apre un laboratorio di grafica; Jasper Johns sovrappone, attraverso un uso combinato di tecniche differenti, diversi strati di stampa che riproducono il bombardamento di messaggi cui si è sottoposti. L’intervento dell’artista “pop” in molti casi è limitato alla scelta del materiale, e, speso, rinuncia ad ogni forma di mediazione; l’opera che emerge è una specie di vetro che riflette una duplicazione estetica (o addirittura un’iterazione della realtà (come nell’esperienza di Warhol). Paradossalmente si tratta di un’arte irriconoscibile fuori dei circuiti dei musei.
Casalino Pierluigi, 31.10.2011.