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Andrea Scarabelli "La modernità dopo Carl Schmitt e Ernst Junger"




*saggio di Andrea Scarabelli, tra gli autori e membro della segreteria del libro Manifesto "Nuova Oggettività" (Heliopolis, 2011): analisi della modernità alla luce di Carl Schmitt e Ernst Junger, tra i protagonisti intellettuali del '900 culturalmente  e politicamente straordinariamente scorretti...

La Modernità dispone di un proprio nomos?

Localizzazione, ordinamento ed annientamento
a partire dall'opera di Carl Schmitt ed Ernst Jünger 1
 di Andrea Scarabelli


“Certe vie, come suggerisce la saggezza
europea, sono senza ritorno”
2

“I massacri democratici appartengono alla
logica del sistema (…). La democrazia celebra
il culto dell'umanità su una piramide di crani”
3

I. Introduzione metodologica

Ciò che ci apprestiamo a compiere in questa sede non è mera esposizione, né semplice e superstiziosa ricostruzione storiografica o fedele trasposizione filologica – queste righe sono piuttosto mosse dal tentativo di comprendere la realtà storico-destinale della nostra epoca, marcata dall’espansione civilizzatrice4 globale dell’Occidente. I metodi appena indicati, tipici di un incedere ingenuamente positivistico, non ci aiutano qui, rivelandosi, come direbbe Spengler, un futile lavoro da formiche. L’agire di certo sistematismo positivo, in quest'ordine di domini, non solo si rivela inutile ma anche fuorviante, nella persuasione che una indagine possa dirsi essenziale solo se condotta ad un livello diverso, trascendente la rappresentazione objettiva, storiografica e materiale del mondo. Compiamo questo gesto a partire dalla tematizzazione della guerra come strumento di puro annientamento ne Il nomos della terra di Carl Schmitt, il qual testo non riducendosi a semplice oggetto di studio ma a mappa, abecedario, manuale per decifrare i caratteri del nostro tempo – per loro natura, oscuri. Non definizioni ma indicazioni, accenni, segnavia. Non sistemi con-clusi ma spiragli – e ciò, a partire dalla convinzione che, morfologicamente, qualsiasi ambito questionato riveli, in filigrana, le cifre dello Zeitgeist che lo pose in essere.



Le diagnosi sono sempre inattuali, soprattutto nel mondo moderno, trattandosi di un momento storico di inaudito e sfrenato cambiamento. É anzi questo vorticante mutare a impedire, secondo l'insegnamento nietzschiano, ogni qualsivoglia formulazione. Dove è l'accelerazione – il divenire, inferiore, tellurico e cieco – ad impadronirsi delle forme, senza che queste ultime imprimano su di esso il proprio suggello, la lingua si rivela essere uno strumento decisamente impotente. Ebbene, ciò determina un duplice movimento: da una parte, il nulla di senso, lo scetticismo, il greve sentore che nulla è più determinabile; dall'altra, il convulso proliferare di dottrine e pseudo-dottrine – il cui continuo presentarsi ricorda, forse, quello di una colonia di vermi su un cadavere – le quali pretendono di dire, una volta per tutte, la verità sull'esserci dell'uomo e l'ente nella sua totalità. Inutile sottolineare la co-implicazione e la complementarietà di siffatti movimenti – uno sguardo allenato morfologicamente non potrà che intuirla immediatamente. Essi si richiamano, si fondano reciprocamente. Dove l'uno dovesse essere consegnato all'oblio, anche l'altro perderebbe il suo carico di senso.



E ora, l’itinerario del cammino vero e proprio. Passando tramite il trinomio ordinamento-localizzazione-guerra, giungeremo al delineare la guerra come puro annientamento – nella sua triplicità costitutiva, ossia come unione di alocalizzazione, mobilitazione della tecnica e criminalizzazione dell'avversario – tentando, in un secondo momento, di orientarci tramite siffatte acquisizioni nella civilizzazione globale del nostro tempo. Forse la selva del presente apparirà sotto un diverso ascendente, al vaglio delle critiche schmittiane. Tutto ciò in una prospettiva il cui baricentro vada a cadere al di là di implicazioni morali, evitando sia accettazioni acriticamente entusiaste sia nostalgie inattuali. Non ci è dato astrarci dal contesto delle nostre pratiche
5.



1Il presente saggio venne composto contestualmente ad un laboratorio, organizzato dal dott. Maurizio Guerri presso l'Università degli Studi di Milano nell'anno accademico 2006-2007, concernente la dimensione planetaria della civilizzazione occidentale. Lo riproponiamo, in questa sede, interamente revisionato ed integrato, nella persuasione che le tematiche racchiusevi siano del massimo interesse, innanzi a problematiche che non possono lasciare indifferente chi abbia a cuore il destino del pensiero e della cultura continentali – e ciò, a maggior ragione, nell'Evo del dispiegarsi totale del meccanismo globale che attanaglia l'orbe in maglie sempre più strette.



2E. Castrucci, La ricerca del nomos, in C. Schmitt, Il Nomos della terra nel diritto internazionale dello Jus Publicum Europaeum, a cura di F. Volpi, traduzione e postfazione di E. Castrucci, Adelphi, Milano, 1996, p. 436.



3N. Gòmez Dàvila, In margine a un testo implicito, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano, 2001, p. 147.



4Ovviamente, in senso spengleriano. Oswald Spengler, nelle sue opere di morfologia storica, divide il divenire delle civiltà – intese alla stregua di organismi che nascono, vivono e si spengono – secondo un duplice movimento. Dapprima, a partire dal loro sorgere, esse incarnano la figura delle Kulturen – in esse domina la qualità, la differenziazione, l'organicità, la gerarchia. In seguito, dopo aver raggiunto il proprio zenith espressivo, esse trapassano nelle spire delle Zivilisationen, delle civilizzazioni – dominio anarchico della materia, della quantità, del meccanicismo e via dicendo. La civilizzazione, lungi dall'incarnare un apice, diviene sintomo di decadenza, espletato appieno il quale, alle civiltà non resta che estinguersi, precipitare nell'inorganico. Ragion per cui la missione civilizzatrice dell'Occidente, lungi dall'apportare benefici globali, altro non si rivela essere che un insieme di convulsioni, segnale di un declino che investe, allo stesso modo, tutte le civiltà e che getta ora la sua ombra sinistra sulla nostra.



5Cfr. C. Sini, Gli abiti le pratiche i saperi, Jaca Book, Milano, 2001.

Continua  Laboratorio Ciberculturale
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