Ho appena terminato di leggere, anzi di rileggere, "Le Neveu de Rameu", nella bella e nuova edizione curata da Michel Delon per Gallimard. Ed è sempre un piacere rivisitare questo testo dalla particolare suggestione, che Goethe, nella traduzione tedesca del 1805, definì "una bomba", "un capolavoro immoralmente morale". La prima volta che mi avvicinai a questa stupenda piccola opera di Denis Diderot avevo l'età di quindici anni e ne rimasi colpito. Lessi "Il Nipote di Rameau", nella traduzione italiana per i tipi storici della BUR in un letto d'ospedale, nell'attesa, dopo lunga malattia dovuta ad una tonsillite, dell'inevitabile asportazione chirurgica della causa della causa del fastidioso disturbo. Il protagonista del libro è il nipote del celebre musicista Jean.Philippe Rameau, che, nella primavera del 1761, si imbatte in un filosofo curioso degli eventi e delle manifestazioni della vita. "Le Neveu" attrae per la seducente disinvoltura della conversazione che Denis Diderot mette in scena, nella forma del dialogo, tra l'abitudine intellettuale "della panchina d'Argenson" e il nipote del musicista, che lo affronta in un impareggiabile confronto con la contraddizione scintillante del suo essere. "Diviso tra buon senso e sregolatezza, tra una singolare capacità d'immaginazione e un solido spirito dell'organizzazione, tra le altezze e le bassezze del suo carattere dal non comune vigore". "Le Neveu" sfida il filosofo, che è solito passeggiare nella zona di Palis-Royal, all'inseguimento dei suoi sogni con il suo spirito mobile e avventuroso, intento nell'osservazione della realtà. Il contatto con il nipote di Rameau avviene quando il saggio, abbandonandosi a tutto il su "libertinaggio", finisce per immergersi nell'atmosfera magica del Cafè de Regence. Nella circostanza si confonde con i giocatori di scacchi, che frequentano il locale. Con una carica dialettica non comune, il nipote di Rameau lo mette alle strette. Diderot si diverte a costruire il dialogo-scontro tra i due. Il filosofo è persuaso che un giudizio morale ed estetico ecceda le necessità immediate al contrario dell'interlocutore, il quale "vive alla giornata" in un paese in cui non si è obbligati a sapere ciò che si mostra. "Le Neveu" non pretende di avere coscienza, né unità, ma rivendica l'insensibilità morale: egli è pertanto un esteta, un musicista come suo zio. Il pensatore "d'Argenson" è sempre più affascinato da chi si presenta come un giullare "materialista" e dimostra tutto il suo talento per la pantomima. "Le Neveu" improvvisa autentici numeri da gioco di prestigio, rientrando in tal modo nel disegno di Diderot, che fa scivolare il filosofo nei tentacoli da "bateleur" del nipote del noto musicista. "Le Neveu" fnisce a fare a pezzi le basi stesse della filosofia. Ed è interesse dello stesso Diderot che si consumi questa recita, dietro cui si avverte la sua personale regia: e l'Autore va alla ricerca del messaggio profondo del "Neveu", che con giravolte pirotecniche si confronta con il filosofo e "si scuote, si agita e fa uscire la verità....". "Le Neveu" è contagioso, mentre il filosofo capta la musica del mondo. Il testo conquista per la sua vivacità, per la sua rapidità e forza di reazione. In questo contesto "le Neveu" recupera a ciascuno una porzione della sua individualità naturale". Diderot si impegna nella sua vita contro gli"antifilosofi"nel pieno delle polemiche sull'Enciclopedia, che definisce l'uomo come "un composto", ed inizia a scrivere il manoscritto di questo dialogo verosimilmente intorno al 1761, completandone l'edizione finale nel 1782. La "bomba filosofica" di Diderot costituisce, inoltre, per le considerazioni che formula, una tappa rilevante nell'analisi della fenomenologia estetica da "L'Anonimo del Sublime" alle teorie di Baumgartner, alle moderne rappresentazioni della creatività e dell'immagine del bello. La riflessione su tale tema è oggi di straordinaria attualità.
Casalino Pierluigi, 27.11.2014
Casalino Pierluigi, 27.11.2014