Vitaldo Conte: Evola...dada-pensiero


È uscito da poco il testo di Vitaldo Conte su JULIUS EVOLA 'CAVALCARE LA TIGRE' COME DADA-PENSIERO': in AA.VV., Studi Evoliani 2016, Ed. Arktos, Carmagnola 2017.  ---Un Evola ancora misconosciuto e altro che reazionario solo tradizionalista come ancora lo bolla e censura la solita ideologica cultura italiana.  Conte al contrario dimostra un Evola persino prossimo alle avanguardie storiche, dadaismo in primis. Non a caso lo stesso Evola attraversò in età giovanile l'avanguardia di Duchamp e Tzara, anche un poco il futurismo, per poi in certo modo riaccostarsene alla fine o quasi della sua esistenza travagliata, penalizzata dall'antifascismo ideologico.  Di seguito un estratto dal testo di Conte in questione:
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"Evola, con questo libro (Cavalcare la Tigre di Evola, ndr.), chiude un ciclo, tornando sulle posizioni della gioventù che lo avevano spinto verso la negazione radicale del mondo e dei valori esistenti: fino al punto-zero del Dadaismo, dopo aver transitato nel Futurismo.
L'autore, nel percorso di questo cinquantennio, arriva agli anni Sessanta con le loro tensioni (politiche, artistiche) e le ipoteche ideologiche. Indica, però, l'esaurimento dei linguaggi delle avanguardie storiche con l'assoluta improbabilità di una loro rinnovabile presenza: "In realtà, i movimenti a cui mi interessai ebbero un valore non tanto in quanto arte, ma appunto come segno e manifestazione di uno stato d'animo del genere, quindi per la loro dimensione meta-artistica e perfino antiartistica".
L'esperienza pittorica e poetica di Evola nel movimento dada, pur breve nella temporalità, risulta intensa, anche negli aspetti intellettuali, presenti e illuminanti nella stessa pratica artistica. Le "rappresentazioni" di Evola sono uno dei gradi zero dell'astrazione del primo Novecento: con il suo lasciare il pensiero-immagine della pittura per dedicarsi alla filosofia, con il suo intervenire nell'arte e con la sua indifferenza per il creare o non. Il suo transito dada suscita riflessioni, in quanto è difficile separarlo dal suo successivo percorso di pensiero.
Evola, con gli scritti e la pittura, attraversa le contraddizioni dada fino a estreme e imprevedibili conseguenze. Ne condivide la radicale essenza nichilista, oppositiva a ogni valore acquisito dell'arte e della morale: il paradosso, l'arbitrio e il non-senso diventano posizione filosofica "tradotta" in immagini. La sua paradossalità è anche quella di aderire al Dadaismo (che rifiuta la formulazione di linguaggi stabiliti), per poi teorizzarne una possibile estetica (nel testo del '20) ed esprimerne opere con un intrinseco equilibrio e valore artistico, contrariamente alla volontà di questo movimento.
Le immagini, che Evola "affida" alla sua pittura come alla sua poesia, non possiedono solo una comunicazione sinestetica, appartenente allo specifico linguaggio usato: risultano anche immagini-concetto. Queste accompagnano, in maniera sotterranea, il suo procedimento di pensiero, che sottintende simultaneamente quello esoterico e propriamente alchemico. Nel Dadaismo, che ha compreso il "bluff dell'arte moderna, e l'illusione di questa ricerca del nuovo", l'arte può liberare, per la prima volta nella sua storia, una risposta e concezione spirituale. Evola, ritornando successivamente sul Dadaismo, lo definisce "un limite: in esso l'arte, nel suo valore religioso e, in generale, come spontanea espressione in forma universale, realizza la propria negazione". Gli appare come l'approdo estremo dell'arte modernissima – cioè astratta – limite insuperabile del nichilismo artistico, non intravedendo nell'ambito della forma, dopo Dada, una possibilità di sviluppo. Lo stesso può valere per la filosofia: "La filosofia in generale culmina nell'idealismo trascendentale, il quale a sua volta ha l'idealismo magico per l'inevitabile conclusione. Di là da questo non vi è più nulla da fare in filosofia". L'elaborazione teorica procede sotto il segno dell'individuazione dell'estremo e del suo superamento, mossa dall'aspirazione a un sapere che sia estraneo e postumo rispetto all'arte e alla filosofia.
La significativa radicalità dada esprime certamente la conclusione delle istanze più profonde che avevano alimentato i movimenti d'avanguardia. Con il Dadaismo le stesse categorie artistiche sono negate, nella ricerca di passaggi verso le forme caotiche di una vita priva di razionalità: esaltando la contraddizione, l'assurdo, il senza senso e scopo. Il Dada può costituire, con la sua proposta di azzeramento, il linguaggio ultimo ed estremo dell'avanguardia novecentesca, proprio con l'esprimere una creazione oltre ogni canone assegnato alle sue forme: non solo dalla tradizione ma anche dalle "rotture" indicate dalle avanguardie storiche. Questa creazione oltre può divenire così una "mistica", che distrugge le apparenze esteriori, talvolta rassicuranti anche nelle sue estremità, per "ricreare" un'origine dispersa dell'esistere. È un cavalcare la tigre come arte-pensiero".