Siamo in attesa di Ulisse per diventare Nessuno restando noi stessi nel canto verso Itaca Pierfranco Bruni

 


Siamo in attesa di Ulisse per diventare Nessuno restando noi stessi nel canto verso Itaca

 

Pierfranco Bruni

 

 

 

Il viaggio è un'impresa metafisica pur in una geografia che è la geografia di ognuno di noi, ma anche la geografia della metafore dell'errante. Ulisse è Pensiero ma anche invenzione, creazione, finzione, immaginario di una fisicità che supera il pensato e quindi va oltre il vissuto perché si ripropone come una costante metafora. Cosa è il "Il canto di Nessuno" , edizioni Saletta dell'Uva, (interessante il IL CANTO DI NESSUNO, Booktrailer https://www.youtube.com/watch?v=yj_77DUs0TI), se non un viaggiare tra i luoghi dell'esilio per recuperare l'isola che è in me, in noi, nella memoria, nel tempo lungo le sponde della nostalgia?

Se muore Ulisse nell'immaginario dell'Occidente muore l'Occidente. Non è la filosofia la padronanza metafisica dell'Occidente. È Ulisse! La filosofia resta solo Pensiero. Ulisse è il viaggio nel Pensiero. È il luogo nel trasferimento di una memoria che crea il sillabario del viaggio. 

Platone è come se respingesse il viaggio e trasferisse il tutto e l'impossibile nell'anima della Caverna. Ma la Caverna è un eterno immobile. Come lo è Itaca. Una terra eterna e immobile. Ma senza Ulisse non avrebbe avuto senso.

Resta occidentale anche quando potrebbe attraversare i venti d'Oriente e farsi rapire dagli stessi venti, ma il suo vissuto, compreso le donne che ha amato e che lo hanno straziato, è all'interno di un cerchio tutto occidentale come luoghi come mari come terre. 

L'unico filosofo che si potrebbe contrapporre, in senso benevole, alla circolarità occidentale è Seneca. Lo spagnolo Seneca all'interno di un radicamento tra le linee orientali e quelle andaluse occidentali, ma si conclude in una Roma neroniana che comunque considera la Grecia Oriente. 

Il dramma di Ulisse è qui. In tempi successivi si è geografizzata una Grecia ellenica mediterranea occidentale. È stato proprio Ulisse a ridefinire la geografia una volta lasciata Troia. Ma quella guerra che vede al centro Elena non è forse da considerarsi come l'eterno conflitto tra Occidente ed Oriente? 

Il Mediterraneo fa da filo separante e congiungente, ma intorno alla visione proprio di Mediterraneo si disputano anche le diatribe tra filosofia e teologia. Il Pensiero della Magia è una archeologia dell'Oriente. Quello religioso (cristiano) è un Oriente che si trasferisce in Occidente. Penso a Paolo e ad Agostino. 

Il tragico nasce nel momento in cui il Pensiero esce dal razionale e diventa "follia". Ulisse comunque non era stato capace. Anche Achille. Perché la follia non può misurarsi con la finzione. Deve sempre misurarsi con l'ironico delirio come è  in Nietzsche. Penso a cosa sarebbe stato un dialogare tra l'acuto Paolo e il tragico Nietzsche. La maschera ama sempre il profondo. 

Perché? 

 

 

La maschera non sta per finzione ma per sdoppiamento. Ulisse si maschera e nel momento in cui si maschera raggiunge il senso della follia ed è qui che avrebbe potuto sfiorare il tragico. Ma gioca. Sa giocare e imbrogliare. Riesce a non perdersi nelle tempeste non soltanto perché è protetto dal Fato, ma perché sa reggere il gioco tra la finzione e il reale. 

Egli non si porta dentro il viaggio in quanto viaggio – viaggiare. Bensì il ritorno. È l'uomo del ritorno. E non è vero che non abbia conservato una sua filosofia. La filosofia del ritorno nasce nel momento in cui l'arrivo non gli serve più o non basta per le sue inquiete esigenze esistenziali. 

C'è chi vive di partenze. C'è chi vive di ritorni. Il viaggio è il legame  che definisce un patto tra entrambi. La Metafisica osserva e contempla, definisce e "giudica". Ulisse non ha una metafisica perché resta sempre concentrato sull'agire. Ed  ha un pensiero unico che è quello, appunto, del ritorno. Al Pensiero sostituisce l'immaginazione che avrebbe comunque bisogno di pensiero, ma è così immediato tanto da non dare la possibilità di formare un concetto. 

L'azione diventa pensiero in Ulisse. È come se si catapultasse tutto. Basta entrare nella coscienza di Ulisse per diventare Ulisse? Bisogna sapere di incarnare Ulisse sino a confondersi nell'assurdo. 

Siamo in un tempo ormai in cui si dà tutto per scontato e quando non è così si ripete quello che è stato detto o scritto. Un tempo senza alcuna originalità perché la prevalenza ormai è del cretino. 

Non siamo tutti Ulisse e non tutti siamo figli di Ulisse. C'è una sottile malinconia che ci permette sempre di ritrovare il mare o la terra del ritorno, ma non affidiamoci al caso. Soli i cretini credono al "caso". Ulisse non muore e resta destino perché conosce il ritorno e il labirinto e l'sola. 

L'Occidente crede al "caso" e muore lentamente nell'Oriente. L'Oriente è un destino! Portano l'isola nel cuore, il mare nell'anima, il deserto nello sguardo. Siamo erranti nel labirinto di Itaca!