"L'Ombra del Moloch": intervista alla curatrice Annarita Rossi. Nella mostra veneziana, il ferrarese ALO

 

*di R. Guerra



D – La mostra a tappe primavera/estate da te curata a Venezia (Palazzo Zenobio...) un approfondimento?

R (Annarita Rossi) In questo momento lavoro per più mostre,e in particolare per quella che sarà il prosieguo de "L'ombra del Moloch" di Venezia. Questa mostra probabilmente con titolo cambiato, sarà a Vicenza approfondendone il concetto e sviluppandolo in riferimento  all'oggi e al futuro. Inizierà il 7 ottobre in concomitanza con la mostra di Van Gogh.

L'esposizione appena conclusa  "L'OMBRA DEL MOLOCH" da me curata in collaborazione con Robert C. Phillips.è stata presente dal 13 maggio al 6 agosto all'interno di Palazzo Zenobio a Venezia, a fianco dei padiglioni Tibet e Armenia. 

L'esposizione parte da una linea ideale, tracciata assieme ad un giovane critico e scrittore di testi per il teatro, Simone Di Via, e prosegue nelle prossime esposizioni, con la collaborazione del dott. Luigi Mazzardo

 

In una sorta di "collettiva" gli artisti sono  stati proposti a due a due, per 2 settimane a coppia, articolando un continuo ed ideale dialogo artistico, concluso da una esposizione corale sintesi di un tragitto tra le opere dei vari artisti poste come simboli, o totem,di un idea di base originale, costituto dalla poesia di Allen Ginsberg " L'urlo".


D- Più nello specifico, i protagonisti artisti di questa mostra in progress, che segnala secondo molti critici un ritorno sempre più raro in Italia a certe dinamiche di avanguardia persuasiva. Oltre certo manierismo oggi prevalente?

R- (Annarita Rossi) - Gli artisti :

 

Carlo Andreoli (Alo)  artista ferrarese (Bondeno), la cui esistenza sembra rispecchiare perfettamente  quella del personaggio protagonista della sua arte, "arte  dichiarativa al cubo" come viene giustamente definita, nei suoi suoi potentissimi messaggi e nella sua sostanza.

Alo è figlio degli anni cosiddetti "di piombo" e senza staccarsi dall'impegno sostenuto da un'attenta coscienza sociale, è con il marchio dell'ironia che affronta l'oggi delle ingiustizie, con suggestioni pittoriche che riportano a Pollok e Basquiat e che affronta anche con opere come " L'afrika ha un occhio solo" .

In una sua opera giovanile, accostando S. Giorgio ad una sua foto, appare la scritta " Da morto mettetemi in un posacenere. Grazie." !

 

Simon Gaon - massimo esponente dei Street Painters, ultimo maestro del Post-Espressionismo americano.  

Nato a Manhattan nel 1943 in una famiglia ebrea uzbeka, Gaon è considerato come l'ultimo degli Espressionisti, erede di artisti quali Chaïm Soutine e Marc Chagall e un imprescindibile narratore della vita a New York, città in cui fonda il movimento degli Street Painters e che lo ha recentemente omaggiato, includendo le sue opere nella collezione del New York Historical Society Museum. Paragonato nei lunghi anni della tua attività dai critici di molti paesi europei e statunitensi, ai grandissimi maestri del passato, quali  Vincent Van Gogh e Oscar Kokoschka di cui è stato fra l'altro diretto allievo e di cui conserva ancora le lettere di incoraggiamento e di assoluta stima nelle sue qualità artistiche.

Esposto nei musei delle principali città europee e in gallerie di New York quali la Nabi Gallery e la Peter Findlay Gallery è da un anno esposto in diverse città italiane come Roma ( Galleria Mila), Frascati ( Scuderie Aldobrandini), Reggio Emilia ( Sala espositiva ex-Sinagoga), Venezia ( Tardini Gallery) e curato da Annarita Rossi. 

  

Giancarlo Petrini, artista marchigiano (Macerata) dopo essersi diplomato all'Accademia di Belle Arti di Macerata , con il massimo dei voti , nella sezione di Pittura, conosce e viene influenzato dal pittore Enzo Cucchi.

E' di quegli anni una critica di Mariano Apa, che descrive la pittura di Giancarlo come riconducibile a quella dell'amico Cucchi, ...

"..la sua opera si accompagna ad un racconto favolistico,  sulla scia di Cucchi e di una linea espressionista che prima di essere della storia dell'arte, è dell'antropologia marchigiana ".(cit. Apa )

Coi i suoi segni sghembi, infranti, sospesi, interrotti ci trascina dentro, fino nel fondo della condizione umana. Racconta per mezzo di immagini e attitudine, che possono essere ricondotti a Basquiat o Dubuffet.

Da là, da quel luogo, scommette sull'arte  e sulla sua capacità di avere visioni dell'altro, dell'oltre  e dell'ultra scoprendo e raccontando i segnali di resistenza, di rifiuto, di ri- costruzione con cui gli umani, tutti, inevitabilmente, ineluttabilmente, si rifiutano al moloch. Non si piegano al terrore che il mito diffonde e infonde.


Sergio Zagallo : artista veneto di Campolongo Maggiore.

Artista quanto mai eclettico, ricco di una versatilità artistica così marcati da lasciare quasi attonito l'osservatore. 

La padronanza tecnica di Zagallo è tale da rendere l'opera in grado di parlare con il nostro intimo un dialogo di forte tono,intensità, crudezza e dolcezza insieme.

Le sue opere sia pittoriche che scultoree ci mettono in comunicazione immediata con l'artista stesso, con le sue ferite, ferite impresse nei suoi torsi in bronzo, nelle lacerazioni dei suoi marmi e in ogni altro materiale utilizzato per le sue sculture, in una ricerca strenua e continua e una sperimentazione senza fine.

Le sue ferite conducono ad una assenza, assenza che sicuramente viene evocata nei suoi bellissimi homless e migrantes, di cui ci costringe a sentirne il silenzio assordante fra le torbide nuvole del presente e lanciano un urlo di fortissimo impatto alla nostra coscienza.

Non ci sono filtri, non ci sono ambiguità, l'interpretazione di Zagallo è schietta e in presa diretta, prostrato, lui come noi nell'universalizzare quel dolore, nei messaggi sapienti di una tecnica raffinatissima.


 Questi sono gli artisti che proseguiranno ad esporre nella prossima mostra con il tema de "All'ombra del Moloch".


*Info  Art Tribune

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