IL GIRO D'ITALIA COMPIE CENT'ANNI. UN EVENTO SEMPRE PIU' ROSA

Se il Tour è il simbolo della Francia, un'epopea che ha tinto di giallo l'orgoglio e le speranze cisalpine, il nostro Giro, forse non così titolato, per il vezzo soprattutto nostro di ritagliarci un angolo provinciale, se non paesano (ma genuino), segna la storia del Bel Paese, avvolgendolo del rosa delle sue albe, del rosa delle guance delle nostre ragazze, del rosa della stampa sportiva che lo sostiene. Il Giro, a differenza del Tour, è più noto infatti per i percorsi che attraversa, per i borghi, per le città, per le pianure e le montagne, per le coste e le campagne che ci sorridono con la loro grazia, con l'affasxcinante grazia di una terra che un tempo era definita magna parens frugum Saturnia tellus. Quando si celebrò la prima edizione 108 anni fa la Domenica del Corriere definì questa competizione gioiosa uno spettacolo strano ed inedito, spettacolo che resta tuttora affascinante. Se il Tout rilancia i principi universali della Rivoluzione Francese, il Giro ci ripropone ogni anno il senso del nostro destino, fatto di cadute e di riprese. Quest'anno la kermesse rosa prende l'avvio da quella Sardegna che riconferma la sua tradizionale vocazione patriottica, fedele nei secoli, come i carabinieri, alla causa nazionale. E in questo modo si cuce e ricuce il vestito tricolore anche in questo tempo di crisi dolente. La globalizzazione non risparmia certo questo evento casereccio che è il Giro, ma non riesce a rimuovere dai nostri cuori le pagine di emozioni e di storia, non solo ciclistica, che ci ha lasciato fin dalla sua origine, se pur appiedato due volte drammaticamente dai due conflitti mondiali.
Casalino Pierluigi