La vita umana ovvero l'attimo fuggente.

Il più alto grado dell'intelligenza è l'ammirazione, come diceva Dubos (1719), ma l'ammirazione di sé e degli altri, se pur spesso sfida i secoli, si dissolve in un attimo. E qui ci soccorre William Shakespeare: "Noi siamo venuti qui piangendo.....": una vera e propria riflessione e meditazione di vita. Nella memoria di tutti c'è, infatti, la figura del re Lear, in particolare quando, espulso dalle figlie, si aggira vagabondo in mezzo alla tempesta, seguito solo dal suo fedele servitore Kent e dal buffone di corte. Il pessimismo di Shakespeare è in fondo il crudo realismo della verità della vita: "La vita non è che un'ombra che cammina: un povero commediante che si pavoneggia e si agita sulla scena del mondo per la sua opera e poi non se ne parla più. Una favola raccontata da un idiota. piena di rumore e furore, che non significa nulla". Questa è la legge dell'esistenza di singoli e comunità, si popoli e di imperi. Se si riflettesse su questo neppure i conflitti avrebbero un senso, nulla avrebbe senso: un invito serio ci viene da Shakespeare, quello di capire che non serve agitarsi senza lasciare una traccia di bene, che forse è l'unica a restituirci quell'eternità che abbiamo perso nel momento della nascita in un attimo divenuto per sempre fuggente. E così che ci riconosciamo parte del cosmo, universo vivente dalle molte anime e che mai tramonta e ci apre al futuro senza ritorno.
Casalino Pierluigi