Immagine simbolo del viaggio di Ulisse. Il futuro come meta.

Ulisse fa la sua comparsa nel primo canto dell'Odissea, come un uomo
assediato dalla nostalgia e dalla melanconia. Da tempo, troppo tempo,
egli è fermo nell'isola di Ogigia, l'ombelico del mare, l'isola di
Calipso dai riccioli belli. Là l'itacese "desiderando vedere almeno il
fumo levarsi dalla sua terra, desidera morire"( Od, I, 58-59).
L'equazione melanconica tra desiderio nostalgico e desiderio di morte
non potrebbe essere espressa in modo più efficace. Rispetto alla stasi
mortale determinata a Ogigia, l'intero viaggio di Ulisse ci appare
allora come il racconto di un processo di superamento della nostalgia
depressiva. Un'ansia di guardare oltre infatti si scontra con l'amore
per il passato, con il desiderio del ritorno. Contenuta nella
consapevolezza, la nostalgia, infatti, non si traduce in fuga dalla
realtà: Itaca è certo la fantasia di un ricongiungimento alle origini,
che mai si spegne nella mente e nell'animo dell'eroe omerico. Ma Itaca
è anche un simbolo, il simbolo di una partecipazione al mondo umano,
ai suoi ruoli, ai suoi compiti, alle sue responsabilità, né consente
di trovare requie in una fuga dalla stessa realtà, nella rimozione,
nell'infedeltà, nell'oblio; essa in fondo insegna a convertire il
desiderio in fiducia, la deriva in rotta, gli approdi, volontari e
casuali, nelle stazioni di un'epifania. La nostalgia si trasforma in
qualcosa di nuovo, in una ricerca, insomma, di una via inesplorata.
Anche Itaca, del resto, fu per Ulisse più una tappa che una meta (ci
soccorre Dante in questa visione), e la meta, più che un luogo
concreto, si rivelò un oltre, un oltre l'orizzonte vicino, un limite
oltre il quale si apre una dimensione inafferrabile ed estesa come il
percorso per giungervi. Oltre le grandi imprese, fatte con la
geometria veloce delle direzioni univoche ed assolute, c'è ancora una
strada soltanto per un eroe addestrato alle acque di Poseidone, ai
cavalli schiumosi delle sue onde, alle correnti profonde dei suoi
abissi. Così, paradossalmente, la nostalgia conduce Ulisse - e qui
proprio l'Ulisse dantesco ancor più di quello omerico) nel mare delle
immagini, un mare su cui Ulisse naviga con la mente già rivolta al
domani, ad un futuro senza tramonto. Verso un confine senza confine,
oltre le linee di un destino che si compirà nell'incompiuta
navigazione verso l'ignoto ed l'arcano Oceano, ultima speranza di ogni
speranza, ultima conoscenza dell'inconoscibile.
Casalino Pierluigi, 26.11.2015