I commentatori del pensiero filosofico di Dante in relazione al
Convivio da Barbi a Gilson, a Nardi, ad altri ancora più recenti si
trovano nella difficoltà di confrontare citazioni e definizioni
dantesche talora anche divergenti, a proposito, ad esempio, del
rapporto filosofia-teologia, del concetto di felicità che spesso si è
cercato di spiegare o interpretare il Convivio, una circostanza che si
verifica nel mondo creativo. Qualcuno, come il Nardi, ha tentato di
accostare il IV capitolo del Convivio alla Monarchia e pure si trovano
spunti di logica anche nella Divina Commedia. In Dante si colgono,
infatti argomentazioni che lo avvicinano alla logica formale di
origine stoica reintrodotta nella cultura medievale dai nuovi logici
nei commenti alle opere aristoteliche: una logica appresa, anche da
poeta e ad uso artistico-creativo. Non è un caso che Margaret Jackson
in "Forse non pensavi ch'io loico fossi". Traces of Formal Logic in
the Divine Comedy mostra di sorprendersi della "familiarity" di Dante
con la logica stoica, cosa che rimarrebbe effettivamente oggetto di
stupore se non si tenesse conto dell'influenza che su Dante esercitò
la nuova logica dei modisti, le cui teorie si diffondevano in lungo e
in largo, soprattutto a Bologna.Il problema che assilla Dante nel
Convivio è quello se la materia è creata direttamente da Dio o dalle
sostanze separate; problema che Dante risolve nella Commedia con la
diretta creazione del composto da parte di Dio (Paradiso, XXIX 22-36):
una conferma della posizione dubitativa di Dante tra le concezioni
avicenniane e aristotelico-radicali, condannate dal Templier nel 1277,
secondo cui le sostanze separate sono le necessarie intermediarie
della creazione della materia, e quelle scolastico-tomistiche per cui
a creare è sempre e solo Dio. Questa e altre problematiche, con il
peso sia intellettuale che teologico che comportano, spengono a
sorpresa in Dante quell'entusiasmo che si era manifestato nella
costruzione dell'allegoria d'amore.
Casalino Pierluigi, 22.11.2015
Convivio da Barbi a Gilson, a Nardi, ad altri ancora più recenti si
trovano nella difficoltà di confrontare citazioni e definizioni
dantesche talora anche divergenti, a proposito, ad esempio, del
rapporto filosofia-teologia, del concetto di felicità che spesso si è
cercato di spiegare o interpretare il Convivio, una circostanza che si
verifica nel mondo creativo. Qualcuno, come il Nardi, ha tentato di
accostare il IV capitolo del Convivio alla Monarchia e pure si trovano
spunti di logica anche nella Divina Commedia. In Dante si colgono,
infatti argomentazioni che lo avvicinano alla logica formale di
origine stoica reintrodotta nella cultura medievale dai nuovi logici
nei commenti alle opere aristoteliche: una logica appresa, anche da
poeta e ad uso artistico-creativo. Non è un caso che Margaret Jackson
in "Forse non pensavi ch'io loico fossi". Traces of Formal Logic in
the Divine Comedy mostra di sorprendersi della "familiarity" di Dante
con la logica stoica, cosa che rimarrebbe effettivamente oggetto di
stupore se non si tenesse conto dell'influenza che su Dante esercitò
la nuova logica dei modisti, le cui teorie si diffondevano in lungo e
in largo, soprattutto a Bologna.Il problema che assilla Dante nel
Convivio è quello se la materia è creata direttamente da Dio o dalle
sostanze separate; problema che Dante risolve nella Commedia con la
diretta creazione del composto da parte di Dio (Paradiso, XXIX 22-36):
una conferma della posizione dubitativa di Dante tra le concezioni
avicenniane e aristotelico-radicali, condannate dal Templier nel 1277,
secondo cui le sostanze separate sono le necessarie intermediarie
della creazione della materia, e quelle scolastico-tomistiche per cui
a creare è sempre e solo Dio. Questa e altre problematiche, con il
peso sia intellettuale che teologico che comportano, spengono a
sorpresa in Dante quell'entusiasmo che si era manifestato nella
costruzione dell'allegoria d'amore.
Casalino Pierluigi, 22.11.2015