Giri di valzer in Medio Oriente con riflessi in Occidente.

La Francia sembra aver capito che le responsabilità di questa
predicazione d'odio, a cui si aggiunge una rete di malaffare di
straordinaria portata, sono nei potentati ultrasunniti del Golfo.
Bontà sua, Parigi, dopo aver fatto affari a manetta con quei santuari
dell'eversione fanatica, pensa di rivolge come contraltare alle
fortezze sciite, dalla Siria all'Iran e via dicendo. La guerra tra
sunniti e sciiti ha portato la tensione in Europa e questo è il
risultato pure di complicità dell'intero Occidente e non solo della
Francia. Finché le atrocità avvenivano in Medio Oriente o in Nord
Africa nessuno si muoveva. Ora tutti ci allarmiamo di fronte ad una
deriva che ha colpito l'Europa e di sorpresa anche i musulmani
inseriti nelle nostre comunità: i quali non hanno certo molto da
spartire, salvo qualche nocciolo duro che sfugge ad ogni controllo,
con queste galassie di fanatismo e di intrecci politici con il
business più sporco. Se le monarchie del Golfo non smetteranno di
creare barricate su questo essenziale motivo di sicurezza per
l'Occidente, si dovrà recuperare seriamente il regime di Assad e con
esso quella Russia che, in fondo, nel bene e nel male costituisce
ormai una pedina fondamentale nello scacchiere mediorientale. Se Obama
vuole fare sul serio deve parlare apertis verbis agli emiri e ai
sultani (salvo quello dell'Oman, che persegue una equilibrata via di
mezzo tra Iran e Arabia Saudita, sia per motivazioni religiose, stante
la confessione ivi maggioritaria, né sunnita e né sunnita, e sia
interessi strategici che guardano più verso l'India che verso il
complesso arabo-islamico). Gli USA, inoltre, non potranno più compiere
gli errori del passato, facendo guerre incomplete e controproducenti,
come quella a Gheddafi e a Saddam Hussein. Guerre che hanno comportato
conseguenze-rimedio assai più gravi del danno. Forse il
riavvicinamento con Teheran potrebbe rivelarsi una mossa giusta per
controbilanciare lo strapotere delle teocrazie arabe. Si comprende la
preoccupazione di Israele circa l'eventuale inaffidabilità dell'Iran,
ma Tel Aviv ha ben altre ragioni (ed autorevolezza) per ovviare al
rischio: prima della caduta dello Scià l'Iran era, infatti, un alleato
storico e tradizionale degli israeliani, stante la natura non araba di
quel paese; un'alleanza che teneva insieme anche l'India per le note
connessioni con la grande questione dell'armamento nucleare pakistano
creato con il sostegno saudita. Erano epoche di guerra fredda e certe
manovre potevano trovare giustificazione. Oggi le cose sono diverse e
non si può più ragionare in quel modo.
Casalino Pierluigi, 22.11.2015