Marcello Veneziani al Salone del libro di Torino: L'Anima, il Bene e i Nuovi Valori

IL GIORNALE




*di Luigi Mascheroni

Il problema è che abbiamo perso il senso della realtà. È qui che nasce il disagio del nostro tempo, è qui l'origine della crisi economica, politica, civile e culturale che investe la contemporaneità: non vediamo la realtà delle cose.









L'alta finanza non vede le esigenze del lavoro e non conosce il valore dei beni tangibili. I politici non vedono come vivono veramente le persone che governano. Il feticismo hi-tech ha creato un diaframma tra noi e la realtà... Ecco. Per ritrovare le realtà delle cose, e provare a trovare le soluzioni ai problemi che investono economia, politica e società, Marcello Veneziani propone di ritrovare lo stretto rapporto tra Anima e corpo, come si intitola il nuovo libro Mondadori che presenterà venerdì al Salone di Torino. Sottotitolo: Viaggio nel cuore della vita.
«Infatti -ci dice- è una riflessione sull'anima nel tempo in cui l'anima sembra sparita o serve giusto nelle pseudo religioni fatte dai guru: è possibile - mi chiedo - ripensare a un incontro tra anima e corpo? È da lì che si deve ripartire, per affrontare tutto il resto»

Da un po' di tempo ti occupi meno di temi storico-politici e più di quelli esistenziali.
«Sì preferisco interrogarmi su quanto sia importante il senso religioso, della patria, della famiglia, e ora dell'anima, proseguendo questo filone polemicamente antipolitico. Perché? Perché in politica c'è sempre meno da dire».
Ma c'è molto da fare. Al Salone il tema centrale quest'anno è il Bene. In una tua personale agenda morale e culturale, quali sono le cose più urgenti da fare bene, oggi?
«Innanzitutto liberarsi dalla gabbia dell'egoismo, dell'Io, liberarsi dall'idea che tutto debba passare dai nostri interessi e tornaconti personali, per ripartire da qualcosa che prescinda dalla condizione di scontro fra egoismi uno contro l'altro armati, da cui può derivare solo odio sociale. Bisogna vincere questo nuovo ateismo del “Dio-Io” e spingersi oltre, per ricostruire nuove forme di legami comunitari: sia recuperando ciò che oggi resta della famiglia sia, in forma più estesa, l'idea di una comunità nazionale».

Si parla tanto di crisi economica e dei valori. Oggi si legge tutto all'insegna della negatività, del catastrofismo, della rabbia. Ma c'è anche del Bene, attorno a noi. Tu, dove lo vedi?
«In ogni tentativo di far nascere le cose, di costruire, di progettare, di creare legami e unioni... Il bene è il contrario di ciò che fa deperire, che separa, che divide, che fa morire le idee, i rapporti, la società, l'ambiente... Purtroppo però, più che la forza di costruire, sia nella politica sia nella vita di tutti i giorni, vedo prevalere rabbia e distruzione».

Tutto colpa della crisi economica che impoverisce i corpi e le anime, rendendoli più aggressivi e aridi?
«No, tutta colpa della convinzione che ci si possa risollevare soltanto riuscendo a risolvere il problema economico. Invece o riusciamo a confrontarci con qualcosa che è superiore all'economia, oppure non ci risolleveremo noi, né si risolleverà l'economia».

Il Bene applicato a una parola chiave: democrazia. Cosa fa bene alla democrazia?
«La partecipazione e la decisione. Io non credo a un popolo davvero sovrano. Credo a un governo nell'interesse del popolo. Non credo alle forme di democrazia diretta, ma a un bene comune rispetto agli interessi particolari, di partito... La vera democrazia è collegare la partecipazione all'idea di bene comune, con la responsabilità di chi prende le decisioni - chi ci governa - di rispondere di tutte le scelte del comando».

E l'Europa: è un bene o un male?
«In via di principio è un bene, ma nella realtà... L'Europa dovrebbe essere una coalizione sinfonica di diversità che si mettono insieme su principi, radici e interessi comuni, per affrontare insieme i grandi problemi come l'immigrazione, l'assalto dei mercati dell'Est, i progetti comunitari... Se fa questo, l'Europa è un bene. Se invece l'Europa resta un'astrazione tecnico-contabile che ci dice cosa dobbiamo e cosa non dobbiamo fare, allora non è più un bene comune, ma diventa un male, qualcosa di oppressivo, come infatti l'Europa è percepita da moltissimi cittadini».

La Rete e le nuove tecnologie, dall'uso ossessivo degli smart phone agli e-book, fanno bene?
«Fanno bene perché credo a una comunicazione fondata sul “politeismo”: più media ci sono, dalla tv a Twitter, meglio è: ogni volta che si perde un pezzo di questi flussi ci impoveriamo tutti. Fanno male se l'uso che se ne fa non è critico: Rete e nuove tecnologie sono formidabili strumenti di formazione e conoscenza, quindi sono un bene enorme, ma a rischio di diventare un male mostruoso se divengono uno strumento per manipolare e falsificare la realtà attraverso l'insulto, la rabbia, la menzogna. La Rete è uno straordinario fattore di crescita, ma può avere effetti deleteri sulla democrazia».

Quando?
«Quando passa la convinzione che duecento haters, ignoranti e anonimi, esprimono la sensibilità di un Paese».

A proposito del Salone del Libro, cosa fa bene alla conoscenza e alla Cultura? Il libro non sta bene. Cosa si può fare?
«È vero, i dati sono sconsolanti: non solo siamo di fronte a una perdita quantitativa, perché la gente per mancanza di tempo e di denaro legge sempre meno, ma assistiamo anche una perdita qualitativa, perché di libri davvero importanti se ne vedono di rado... Cosa fare? Promuovere il libro in tutti i modi e le occasioni possibili, sfruttando spazi e tempi morti, facendo uscire la letteratura dall'idea “sacra”, e sbagliata, che si possa leggere solo quando si è a casa, in silenzio, tranquilli. No, si deve leggere in tram, in coda, sfruttando i mille tempi morti della giornata».

L'assessore alla cultura della Calabria ha proposto uno sconto di pena ai detenuti che in carcere leggono.
«Eccellente. Anche se io sono per una proposta opposta. Mandare in carcere chi non legge. Soprattutto chi ha responsabilità di governo».