Giovanni Sessa, La meraviglia del nulla, Bietti, Milano, 2014, recensione di Antonio Ferrero

 

Sessa   Andrea EmoGiovanni Sessa, La meraviglia del nulla, Bietti, Milano, 2014, pp. 415.



Il destino della filosofia contemporanea – di quella italiana in particolare – è di essere vittima di un pregiudizio radicato: venire ritenuta poco più che un esercizio ermeneutico, un processo che, per quanto vivace e produttivo, difficilmente è in grado di determinare novità speculative. Il complesso dei nani sulle spalle dei giganti è difficile da superare, in determinati ambiti in maniera molto marcata: come parlare di ontologia contemporaneamente a Heidegger? Quali margini di riflessione originale possono esserci riguardo all'estetica dopo la critica francofortese? E chi potrebbe tentare un accostamento tra Cristo e Dioniso avendo letto Nietzsche?


Nel suo dettagliato e splendidamente esaustivo testo, Giovanni Sessa offre il giusto riconoscimento ad Andrea Emo, il pensatore italiano che con più rigore etico e intellettuale, non in contraddizione con un'esposizione per nulla sistematica, ha cercato non solo di interpretare il problema del rapporto tra l'essere e il nulla, ma ha provato prometeicamente ad andare oltre il nichilismo stesso, superando e sintetizzando, in un mirabile e vertiginoso Aufhebung, Parmenide, Eraclito, Nietzsche e Heidegger.


Sessa adotta la linea storiografica e tematica per cercare di ordinare contenutisticamente e cronologicamente gli scritti del filosofo veneto, arricchendo il suo lavoro con interessanti precisazioni biografiche e un ricco contributo epistolare pubblicando il carteggio con la scrittrice e poetessa Cristina Campo. Ne esce un ritratto poliedrico e sfaccettato, di un pensatore marcatamente antimoderno che pure ha intuizioni capaci di anticipare – a partire dalla riflessione heideggeriana sull'Ereignis e la sua manifestazione nelle “scarpe del contadino” - addirittura l'esito della Body Art e delle manifestazioni più concettuali e corporee dell'arte contemporanea.


Allo stesso modo, dal suo “corpo a corpo con la vita” (come viene definita l'origine della speculazione di Emo da Cacciari, il primo a rivalutarne il pensiero) scaturisce l'abissale (per usare un termine nietzscheano) riflessione sull'identità di essere e nulla, la visione ontologica che riesce a superare il nichilismo identificandovi persino la religione, poiché credere in Dio equivale a credere nel nulla. Non perché Dio non esista, ma perché quello cristiano è “un Dio che muore e, attraverso l'autonegazione, può risorgere” (p. 93).


Il saggio di Sessa divide i capitoli raggruppando i principali nuclei tematici di un pensiero rapsodico e disordinato, per quanto sempre lucido e coerente.


La prime parti sono dedicate al rapporto di Emo con il Transattualismo, il suo andare oltre la dialettica Nulla-Essere per approdare alla loro identificazione. Argomento che verrà ripreso, dopo una significativa sezione dedicata al confronto con Evola, nella splendida sezione sull'estetica e sul linguaggio, nella quale lo stile pulito e la capacità esplicativa di Sessa offrono squarci di consapevolezza di notevolissimo valore. In particolare, la dimensione del rapporto tra opera d'arte e artista – slegata dalla necessità cronologica del qui e ora – apre la strada alla riflessione sul “tempo sferico”, in cui, “in ogni istante, si è aperti alle tre “estasi” della storia: presente, passato e futuro” (p. 208).


La meraviglia del nulla è un libro importante. Giovanni Sessa si addentra in un territorio ostico e pericoloso, la sistematizzazione di un pensiero dichiaratamente antimoderno e non metodico per scelta, per restituire la dignità che spetta a un grande filosofo contemporaneo. Se veramente i licei italiani decideranno di dedicare l'ultimo anno di studi esclusivamente al Novecento, Andrea Emo non potrà non trovare la collocazione che gli spetta. E quando questo accadrà, Giovanni Sessa potrà ascriversene buona parte del merito.



Antonio Ferrero