GRAZIANO CECCHINI VS. FILIPPO ROSSI
LA LIBERTÀ NON È GRATIS: MA DI CERTO
NON COSTA 28 CENTESIMI DI EURO AL GIORNO
Graziano Cecchini
Che la Libertà non sia gratis è un concetto caro a tutti coloro che da sempre si sono battuti per conquistare la propria e assicurarla agli altri. Ma da qui a dire che la Libertà sia in vendita significa dare un prezzo a qualsiasi cosa, anche e soprattutto ai valori civili che a me personalmente continuano ad essere estremamente cari (e non per il prezzo…!).
Lo slogan che Filippo Rossi continua ad usare (e ad abusare) da mesi significa due cose: la prima, che lui è uno di quelli che mercifica anche gli ideali; la seconda, che come comunicatore non ha le idee chiare.
Essere stato chiamato Filippo non dà alcun diritto di appropriarsi del nome di quello che è stato il più grande movimento di Avanguardia del 900. Probabilmente, per lui i nomi, così come i principi, hanno scarso valore. Purtroppo per lui, però, molti ancora tengono sia al nome che a principi che a quel nome: Futurismo, appunto.
Chiamare la propria creatura editoriale Il Futurista è semplicemente una piccola e scontata operazione commerciale e di immagine. Nulla di più. Come ampiamente dimostrato dai contenuti espressi da quel foglio.
Non so se i motivi siano una scarsa conoscenza del Movimento a cui si riferisce o, più semplicemente, una mentalità opportunistica che, di fatto, nega automaticamente tutti i principi del Futurismo stesso.
Forse i motivi sono entrambi.
Tanto è vero che, in perfetto stile futurista, da qualche tempo il sottoscritto ironizza sul nome della rivista, ribattezzandola “il futuribile”.
Voleva essere una battuta ironica, ma anche un messaggio: basta sfruttare il nome, e solamente il nome, di chi ha impegnato la propria vita a combattere il vecchio sistema del quale Filippo Rossi si fa, oggi, mentore!
Io ho detto basta a tutto questo da tempo e, nella mia storia, credo che nessuno mi possa accusare di appecoronamento ai poteri economici e politici ai quali altri si stringono e venerano per interessi privati.
Ricordo a tutti gli interessati all’argomento che il Futurismo nasce nel 1909 e non l’altro ieri. Ricordo anche che 2 anni prima del celebratissimo centenario del Futurismo, il sottoscritto ne rilanciava il Manifesto e lo spirito con Azioni come “Fontana di Trevi” e “Trinità dei Monti”. Beccandosi pure, per il misfatto, 8 mesi di galera: sia pure con la condizionale.
Da quel momento in poi, il mio percorso artistico e personale è proseguito sulla linea di quello che i padri del Futurismo, cent’anni fa, scrivevano, creavano e facevano. Per merito o fortuna, quello stesso percorso mi ha dato la possibilità non solo di crescere ma anche di venire a contatto con molte realtà e persone che vivono ancora all’insegna del Futurismo e che non possono, nemmeno tappandosi il naso, sopportare lo sfregio compiuto dall’utilizzo di termini carichi di storia e significato.
Già durante la presentazione de Il Futurista, fatta a Roma pochi mesi fa, nel mio intervento chiesi chiaramente con che spirito avessero deciso il nome del giornale. Specificai pure che, se “futurista” era per loro solamente un aggettivo, stavano utilizzando in maniera impropria ed illegittima un termine che non gli apparteneva. Ma che se, invece, Filippo Rossi era intenzionato a sposare totalmente la filosofia futurista e quindi era pronto a combattere il potere, a rischiare e a metterci la propria faccia, a battersi per far sentire quelle voci e quelle ragioni che non siedono sulle poltrone del potere, allora, e solo allora, sarei stato felice di essergli compagno di strada.
Come si può capire da questa lettera aperta, Rossi e la sua creatura si sono dimostrati così lontani dai principi del Futurismo da meritarsi non solo l’epiteto de “Il Futuribile”, ma anche del giornale che non c’è.
Ahimè, dal giorno della presentazione anche altre cose sono successe.
Cose che hanno continuato ad incrinare irrimediabilmente la potenziale fiducia e il potenziale rispetto che potevo nutrire nei confronti dei “futuribili”.
L’ultima è stata la fuga di Filippo Rossi di fronte ad un onesto e civile contraddittorio su Facebook. Cosa impensabile non solo ad un futurista ma semplicemente ad un Uomo.
Argomento del dibattito: il Presidente Napolitano.
Sì, sembra incredibile, tanto livore per un post su FB!
Il sottoscritto, in risposta ad un’ennesima accorata elegia del direttore de “Il Futuribile” nei confronti dell’operato del Presidente della Repubblica ha postato sulla sua bacheca un articolo in cui Napolitano condivideva e giustificava la sanguinosa repressione fatta dall’Unione Sovietica in Ungheria, nel 1956.
Il succo del mio post era questo:
L’ordine del PCI: Denigrare la rivoluzione d’Ungheria. Repressa dall’URSS la rivolta del 1956, la stampa di sinistra e l’intellighenzjia del partito si produssero in un’opera di disinformazione e calunnia contro Imre Nagy, gli intellettuali magiari e le poche voci dissenzienti a Botteghe Oscure.
Io credo molto nel valore della memoria e quello che ho fatto è stato solo rammentare le parole e le azioni di coloro che ancora oggi hanno il potere di parlare ed agire anche per conto nostro. Portando solo un unico esempio!
Sarà quindi uno dei miei innumerevoli difetti ma io ritengo che sia importante ricordare, ma mai avrei pensato che un semplice ricordo potesse suscitare le reazioni che ci sono state!
Tanto da far scappare addirittura un direttore: fino al punto di escludermi fra i suoi amici di FB, “bloccandomi” (chi sa di FB sa cosa vuol dire “bloccare” un amico)! Come se fosse lui quello che nel 1956 argomentava la legittimità della repressione in Ungheria, come se fosse lui uno di quelli che operava la disinformazione su quegli accadimenti…
Insomma, Filippo Rossi non ha saputo rispondere, ma ha saputo “bloccare”.
E basta.
Come il bambino che si tappa le orecchie e scuote la testa per non ascoltare la mamma che gli dice di smettere di giocare e di andare a fare il bagnetto…
Ma allora il Futurista che razza di giornale è? E che razza di giornalista è il suo direttore? Ma non volevano cambiare il modo di fare informazione?
Se si vuole cambiare veramente, non si possono mantenere schemi dialettici formali da vecchia democrazia cristiana o da vecchio PCI! Innovare significa dare una svolta al comportamento quotidiano, anche nel lessico e finanche nel simbolico. Come possono essere accettabili elogi a Monti, Napolitano o Passera se non si parla anche del loro percorso e del loro passato?
E, soprattutto, è vergognoso evitare in questo modo un contraddittorio e contemporaneamente fregiarsi di un nome che del contraddittorio e del confronto ha fatto una filosofia di Vita!
da IL FONDO MAGAZINE di Miro Renzaglia
http://www.mirorenzaglia.org/2011/12/graziano-cecchini-vs-filippo-rossi/
Graziano Cecchini