Le ragioni della pecora: intervista a Luca Delmedico di Manuela Vio

cop_leragionidellapecora[1].jpgLa scorsa settimana avete letto la recensione del libro: Le ragioni della pecora di Luca Delmedico, questa settimana invece, ci dedichiamo a questo singolare e particolare autore!

 

Luca Delmedico: chi sei?

Sono Luca Delmedico e non parlo quasi mai di me.

Il personaggio di Giacomo Lupo, protagonista del tuo libro, è un po’ il tuo “alterego”?

Inutile fingere che io non sia stato così per molto tempo, anche se è tutta una caricatura ironica. Volevo un personaggio che fosse odioso ma anche un po’ patetico, insomma come mi sentivo io in quel momento. Giacomo Lupo è la materializzazione delle mie paure, dell’insicurezza, dell’aggressività che nasce dal sentirsi, nonostante tutto, sempre inadeguati.

In quale categoria collochi il tuo testo?

Devo essere onesto: non ne ho idea. Anche se l’ho scritto io, confesso di non averlo ancora metabolizzato del tutto. È come se stesse continuando a parlarmi, a scriversi da solo: ogni volta che sento un commento su “Le ragioni della pecora”, mi stupisco di vedere che qualcun altro, qualcuno diverso da me intendo, ha scovato una sfumatura più o meno grande, un piccolo significato. Questo credo dipenda proprio dalla sua natura assolutamente libera e originale, dalla sua volontà di essere e basta. Aldilà degli schemi.

Di certo si può dire che sia un romanzo introspettivo. Ma per fortuna non significa niente.

Perché, con tutti gli animali esistenti sul pianeta terra, hai scelto proprio le pecore?

Inizialmente era la contrapposizione con il lupo: era il lupo il protagonista, quello che viveva isolato e senza simili a fianco. Doveva fare una cosa irrazionale, complicarsi la vita, mettere la sua esistenza in mani sbagliate. E cosa c’è di peggio che consegnarsi alle sue prede naturali, placidamente vendicative? Poi “le pecore” sono diventate “la pecora”… perché in fondo è una e una sola.

Come consideri la scrittura? Uno sfogo, una necessità o cosa?

Una necessità. Io ho bisogno di scrivere, quando scrivo sono una persona migliore.

Ritieni che la felicità e la serenità siano la stessa cosa?

Dunque, della felicità parlo anche nel libro. Machiavellicamente, le do talmente tanta importanza da toglierle ogni senso pratico. Questo bene assoluto ed impagabile non può che coincidere con la vita stessa.

La serenità invece è una sensazione ben precisa che ricerco spesso. A volte la trovo in un temporale, altre volte la smarrisco nei sogni più belli. Credo che si tratti, almeno per me, di qualcosa che vada molto oltre il senso quotidiano delle cose.

Con che cosa fai i conti quotidianamente? C’è qualcosa che ti preoccupa?

Con le preoccupazioni di tutti, credo. Mi risulta che io sia un essere umano… però sarebbe tutto più semplice se si riuscisse sempre a vivere ogni giorno come se fosse un giorno in più. Come fanno gli animali. Cito Erri De Luca: “il presente è la sola conoscenza che serve. L’uomo non ci sa stare nel presente.”

Dal tuo punto di vista, principalmente, di che cos’è o di cosa dovrebbe essere fatta la vita?

Io ho sempre visto il sapere come un unico sapere, senza distinguere la filosofia dalla scienza, l’arte dalla consapevolezza dei sentimenti. Posso rispondere “scientificamente”, dicendo che la nostra vita, rapportata agli “attuali” 11 miliardi di anni dell’universo, è assolutamente insignificante. Tuttavia continuiamo a volergli attribuire un senso divino, uno scopo universale, un fine preciso.

La vita è la vita. Sapere che è assolutamente il nulla dovrebbe rassicurarci, e invece ci provoca delle strane ossessioni. Me compreso.

C’è qualcosa di cui hai paura?

La paura si sposta come si sposta la passione, la gioia o la tristezza. Oggi potrei dire di avere poche paure, e ovviamente mentirei.

C’è qualcosa che ti fa piangere? Se sì, cosa?

Ho passato anni ed anni nell’assoluta incapacità di piangere. Per uno che ama Ulisse, l’eroe più piagnone del mondo, è quasi una condanna infernale. Avevo pianto sei volte nella mia vita adulta. L’ultima dura ancora adesso.

L’ultima volta ho pianto per il libro che ha preceduto “Le ragioni della pecora” e che si intitola “Quattrocentocinquanta”. Ogni volta che ci penso piango. Ed è una gran bella cosa.

Oggi piangiucchio spesso, mi serve come mi serve scrivere. E mi fa sentire meno debole e più leggero.

Hai progetti editoriali per il futuro?

Sì. Il mio progetto editoriale è diventare uno scrittore che vive di scrittura. La vita è talmente breve che bisognerebbe passarla a fare le cose che ci fanno stare bene, e io me lo merito. Basta come risposta?

 

 

Manuela Vio

 

 

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Citazione: “Quando ti morde un lupo, pazienza. Quel che veramente secca è quando ti morde una pecora” – Arthur Bloch –



manuela8956@hotmail.it

 

VIDEO
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