La rosa rossa antica, perduta, con il suo odore evaporato, può essere la maschera di un mondo che non si ritrova più. È una nostalgia simile a quella dell'antico tanguero, cosciente dell'ineffabilità dell'attimo fuggente. Questo immaginario diviene una metafora della creazione: l'artista, come il tanguero, esprime la palpitante nostalgia-mancanza, doppiandola con la propria espressione. Arroganza che ha la stessa divina nostalgia di un poeta di strada: «La vita se ne va, se ne va e non torna, la cosa migliore è goderla (…) io voglio morire con me, senza confessione e senza Dio, crocifisso alla mia pena come abbracciato a un rancore».
Agli inizi, talvolta, durante il tango, la donna aveva, come segno di sfida e seduzione verso l'uomo, una rosa rossa in bocca... «Il tango è la menzogna "che l'uomo ama come solo la donna sa amare» (E. Secades).
La provocazione e la licenziosa delle origini del Tango furono "purgate", successivamente, per avere accesso nei salotti esclusivi della borghesia, a Parigi come a Buenos Aires. E' sintomatica, in tal senso, una lettera dell'11 gennaio 1914 di Marinetti dal titolo Abbasso il tango e Persifal, in cui denunziava l'illanguidimento di questa danza con i suoi cadenzati deliqui.
È uscito il mio testo 'Tango: Rosa Rossa Anima Antica (Perduta ?)' su EreticaMente: https://www.ereticamente.net/2019/10/tango-rosa-rossa-anima-antica-perduta-vitaldo-conte.html
Vitaldo Conte