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Il 2017 e il debito tedesco (e quello italiano)

Casalino Pierluigi

Quando si leggono libri come BREVE STORIA DEL DEBITO TEDESCO DA BISMARCK A MERKEL dell'ambasciatore Sergio Romano o LE LEZIONI DI POLITICA SOCIALE di Luigi Einaudi o ancora IL PENSIERO ECONOMICO di Luigi Sturzo, ma anche LE VICENDE DEL MARCO TEDESCO di Costantino Bresciani-Turroni, si comprende quanto tali letture contribuiscano a farci comprendere, come cittadini italiani ed europei il nocciolo di una questione tanto complessa quanto poco conosciuta. Il coraggio delle scelte nel nome della verità passa attraverso questo canale culturale, anzi di cultura economica, che attraversa la storia d'Europa e del mondo. I tedeschi, in primo luogo, ci domandiamo, hanno onorato i loro debiti? Hanno le carte in regola per imporre  agli altri la politica di austerità? Dobbiamo veramente, al riguardo, rendere omaggio alla lezione di uno studioso come Guido Roberto Vitale che sembra utile riproporre all'attenzione della pubblica opinione. Siamo di fronte, infatti, ad una sfida determinante per il destino del Vecchio Continente e della Germania. La storia tedesca degli ultimi trent'anni, da Khol alla Merkel, è la vicenda di leader che hanno volutamente rimettere la Germania al centro dell'azione politica dell'Europa, da quando nel 1990 ci fu la riunificazione tedesca. Sovviene che Margaret Thtcher temeva una riunificazione tedesca in sé, ma preferiva una riunificazione tedesca nel segno europeo, trattandosi di una ricomposizione dell'Est comunista con l'Ovest liberale dell'Europa. La contraddizione nata allora è ancora bloccata, dunque, e di qui nascono molti dei problemi in atto. La Germania è ancora in attesa di essere europea? Non è chiaro però se si debba gettare la croce addosso solo a Berlino. Per quel che concerne la Germania, si dovrebbe ripartire dal trattato di Versailles, nel bene e nel male, e di vedere se la Germania sia all'altezza della leadership che desidera assumere. A Versailles fu imposto alla Germania sconfitta, dopo la Grande Guerra, di "riparare i danni arrecati"; in seguito si arrivò alla terribile deviazione nazista con Hitler che non pagò più i debiti e ancora al 1953, quando alla conferenza di Londra sull'argomento, fu accordato alla Germania (Occidentale) la possibilità di rimborsare a rate più del 50% del suo debito, compreso quello più recente dei danni provocati dalla Seconda Guerra Mondiale. E' vero, come è vero, tuttavia, che occorre riconsiderare le decisioni di Versailles, da cui parte questa storia difficile da decifrare in termini corretti. L'eccesso delle ragioni punitive di Versailles è un dato di fatto: tesi che venne abbracciata da Keynes, che fece riferimento alla pericolosità di tali provvedimenti esagerati, suggerendo una via d'uscita da quel contenzioso insidioso tra creditori e debitori con un grande prestito internazionale, magari pure con il contributo degli Stati Uniti d'America, per finanziare la ricostruzione dell'Europa, e si spinse a dire che vale la pena di "correre il rischio", anche di fronte alle obiezioni che i singoli Stati europei avrebbero utilizzato tali somme per le loro "meschine politiche nazionali". Viene di usare Keynes come metafora dei nostri giorni, per dirla con Sergio Romano, E sempre Keynes avrebbe, infatti, avuto meno dubbi, su quella sua proposta, se un simile prestito oggi, mutatis mutandis, fosse stato europeo e gestito dalla Commissione di Bruxelles, ripartito secondo i criteri che sono già in vigore per la ripartizione dei fondi europei e garantito dall'intera Unione. In tal caso, e forse solo in tal caso, Angela Merkel e il suo cerbero ministro Wolfgand Schauble vedrebbero in una proposta del genere la mutualizzazione del debito tedesco (si, proprio quello di cui mai si parla), bestia nera della Repubblica Federale e dei tedeschi di ogni epoca, dopo la crisi finanziaria di Weimar. E fa bene Sergio Romano a porsi un interrogativo cruciale su una questione così tribolata: un interrogativo comprensibile per le ragioni profonde che sono alla base del disegno europeo, anche se lo stesso Romano esprime sufficiente realismo da non farsi troppe illusioni in materia. Una tematica che il 2017 dovrà risolvere per per venire a capo del caso italiano, di cui forse si parla eccessivamente al pari di quello tedesco del 1919. E il problema del maxidebito italiano, non diversamente da quello tedesco, va risolto nel pieno di una battaglia di solidarietà europea, ridando credibilità al nostro patrimonio di idealità, di esperienza e di capacità inventive che tutti ci invidiano, nonostante tutto. Si tratta di un compito che la politica italiana, distratta da polemiche particolaristiche e sterili, dioverà saper assumersi per non suscitare una spirale senza ritorno di rigetto popolare, con effetti più negativi sulla tenuta della nostra democrazia.


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