I rischi della società globale




Casalino Pierluigi
Nella storia dell'umanità ci sono momenti o passaggi che finiscono per diventare uno spartiacque, segno di un passaggio da un'era ad un'altra. La globalizzazione forse è un dato ormai ineluttabile e non reversibile, ma occorre distinguere tra una globalizzazione positiva ed una prevaricante e negativa forma globale totalizzante e distorta che sta prevalendo. La storia ricorda fenomeni globali e virtuosi come furono le esperienze dell'apertura dei nuovi mercati da parte di Venezia, di Genova, di Firenze, dell'età comunale, della Magna Grecia e dei Fenici. Realtà ben diversa da quella globalizzazione negativa che porta ai drammi che viviamo ai nostri giorni. Le decisioni politiche stanno infatti migrando dallo spazio tradizionale della democrazia, come ha detto Rald Dahrendorf: qualche anno fa si apriva la meta del nuovo ordine mondiale, in questi giorni tutto sembra rimettere in discussione la fine della storia. Gli studiosi iniziano perciò a muovere una critica aspra alla metafisica globale che si poggia su una teoria della dissoluzione nell'universo magmatico cosmopolita.che comporta una innaturale de-sovranazionalizzazione della politica. E' il grande difetto che Martin Heidegger imputava al nihilismo europeo (mutuato dal discorso russo dei Dostoevskij e dei Puskin che accusavano il ceto dell'intelligencija di alimentare una società sradicata e di stare di gran lunga al di sopra del popolo). La società occidentale per secoli si è abbeverata dalla concezione greco-romana di un'idea classica che si fonda sulla libertas e la virtus che esalta il valore degli individui nella comunità, definendo quello che Vico chiamava l'idem de sentire comune. Fu per questo che Oswals Spengler ne Il tramonto dell'Occidente propone un'idea faustiana dell'Europa, culla di civiltà, e vede nel cosmopolitismo la fine delle fini. Discorso che vale anche per l'Italia dove le classi che crearono il benessere di questa Nazione negli anni Cinquanta e Sessanta oggi hanno ceduto il passo ad entità indistinte. Se la globalizzazione va, dunque, interpretata in modo esclusivamente territoriale non si approda a nulla. E si rischia di creare un modello omicida.