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BRUNETTO LATINI OLTRE BRUNETTO LATINI. LA QUESTIONE DI DANTE E L'ISLAM

Casalino Pierluigi


Il Tesoretto di Brunetto Latini non è certamente quel poco conosciuto "capolavoro" della letteratura allegorica, ma è un modo straordinario per avvicinarsi alla poesia dei primi secoli. Si tratta di un poemetto sui generis e anche le sue spiegazioni ed interpretazioni non si prestano ad ipotesi troppo fantasiose, come analogamente avviene sul perché il suo grande discepolo, Dante Alighieri, lo pone tra i sodomiti e ancor di più sul perché si sia reso colpevole di peccato contro la lingua materna. Forse, però, un altro è il merito di Brunetto Latini, a conti fatti, aldilà delle dissertazioni letterarie. Un ben diverso merito storico di alto profilo è quello di questo esule o ambasciatore di Firenze alla corte di Alfonso il Savio: l'aver fatto da tramite tra la cultura iberica e specialmente quella islamico-iberica e quella dell'Occidente latino su un punto oggi al centro del dibattito su Dante e l'Islam. E proprio da Brunetto Latini Dante e il mondo europeo medioevale ebbe notizia del Liber Scalae, testo esoterico-escatologico della tradizione islamica concernente il viaggio notturno del profeta Maometto e la sua ascensione al cielo. Testo dalla grande suggestione che anche la dantistica ufficiale - italiana e straniera-, dopo la rivoluzionaria tesi di Asìn Palacios nel 1919, sta abbracciando. Da Enrico Cerulli a Maria Corti e infine a Luciano Gargan, infatti, Dante in qualche modo conobbe l'opera o quella narrazione e ne fu quasi sicuramente influenzato nella costruzione dell'Inferno e dell'intera Commedia, dove si distingue l'intuizione di Ibn Rushd (l'Averroè dei Latini e ammirato da Dante) sul vedere Dio da vivo nel Paradiso. Un dibattito destinato ancora ad aprire vie inesplorate sul complesso dei rapporti tra Oriente ed Occidente nel Medioevo.

19.11.2016


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