Lezione fu-turistica all'avvenire di Alessandro Gulinati, politologo outsider (ma laureato in Scienze sociali a Bologna, molti della casta PD ne dubitiamo) e on the road da tempo, nel Regno della Necessità ferrarese, come tout pirata legale operator, da anni iniziative a offerta libera per i turisti. Naturalmente l'unico riscontro istituzionale, nonostante le balle decennali di Tagliani e addetti ai lavori sul turismo a Ferrara che invece non decolla mai, visioni ortodosse e pre-Internet, è stato quasi una censura e non solo... Gulinati continua ad andare avanti, esempio di tante risorse umane estensi non valorizzate e ottimizzate dalla solita casta, in deficit ormai anche nelle sue eccellenze. (Nuove Case del Popolo ha proclamato qualcuno del PD locale, finora non banale.... l'aria elettorale, pur scontata neppure al ballottaggio, da' comunque alla testa ..) nota di AsinoRosso1
Alessandro Gulinati propone un breve ed intenso viaggio nel Novecento ferrarese, il “Secolo Breve” secondo la fortunata definizione di Eric Hobsbawm, occasione per riscoprire uno dei capolavori dell’arte ferrarese tra i meno conosciuti, il ciclo di affreschi di Achille Funi intitolato “Il Mito di Ferrara” nella Sala dell’Arengo di Palazzo Ducale. Appuntamento e partenza giovedì 13 febbraio ore 15.30 presso il Volto del Cavallo. “Hanno abolito la storia dell’arte e noi aboliamo loro – afferma Gulinati -. Perché è certamente più facile abolire una cricca di politicanti corrotti che 3.000 anni di storia…vale in Italia, vale in Medio Oriente, vale ovunque le radici sian più solide delle patologie del quotidiano”. “‘Il Mito di Ferrara’ – continua Gulinati – è una ricerca nuova, la ricerca del nostro recente passato rivolta in particolare al ’900. Secolo Breve per antonomasia apertosi tra i bagliori dell’Ottobre russo riverberantesi nelle campagne e città padane, conclusosi in un effimero benessere materiale ma nella più profonda crisi di senso (ecologica e culturale) dopo quella lunga e sconvolgente del nostro ’600..... C ESTENSE COM
Alla Mecca il profeta preferito dai musulmani era Mosè; a Medina il suo posto fu preso da Abramo, e Maometto trovò ottime risposte da opporre alle critiche degli ebrei:lui e i suoi musulmani erano tornati allo spirito più puro della fede (hanifiyya) proprio di quegli uomini che erano stati i primi muslim a sottomettersi a Dio. Non sappiamo fino a che punto Maometto abbia condiviso il desiderio di alcuni arabi degli insediamenti di tornare alla religione di Abramo. Nel Corano non viene fatta menzione della piccola setta meccana hanyfiyya;e la figura di Abramo prima delle sure medinesi fu oggetto di scarso interesse. Tuttavia, sembra che in questo periodo i musulmani chiamarono la loro fede hanifiyya, la vera religione di Abramo. Maometto aveva quindi trovato una via per confutare gli ebrei, senza abbandonare l'idea centrale della sottomissione a Dio anziché a una mera espressione terrena della fede, e la rivalutazione dell'importanza di Abramo gli permise di approfondire tale c...