E Renzi disse: «Ghe pensi mi». Basta, fidatevi di me. Facciamola finita con questo psicodramma. Il dramma psicologico del Pd in diretta streaming.
Sfiduciamo Letta. Anzi no. Non subito. Non venga umiliato. Si dimetta lui. Un partito paralizzato dai suoi dualismi. Il mediatore e il vincente. Il premier e il segretario. Cose già viste. L'hashtag della giornata è «palude». Usciamo dalla palude, ripete Renzi. Vi tiro fuori io. Renato Brunetta, collegato con lo Speciale del Tg La7, non ci crede: «La palude è tutta dentro il Pd». Non è possibile che una crisi di governo si apra e si chiuda dentro la direzione Pd. «Questa è la crisi del Pd», ma c'è di mezzo il Paese.
Lo streaming della staffetta comincia con la gag dell'sms di La7 che chiede al segretario di temporeggiare «perché siamo in pubblicità». Ma non basta a stemperare la tensione. La piega del volto è preoccupata. C'è da scavalcare la resistenza zen di Letta. C'è da superare la sua mossa di non presenziare alla direzione, come dire: giustiziatemi in mia assenza. C'è da metabolizzare la vignetta di Giannelli sul Corriere della Sera: «Mai giochini da prima Repubblica. Mai contro Letta. Mai senza il voto popolare. Mai con il centrodestra». Palazzo Chigi è lì, ma anche per Mandrake-Renzi la china da risalire è una ripida erta. Non basta la Smart. Non basta la mediaticità. Ce la farà il sindaco-segretario-candidato premier?
Completo grigio e camicia bianca senza cravatta, per il giorno della svolta sceglie un look essenziale ma informale. Braccia allargate sul podio, legge subito il documento che dà il benservito «al governo di servizio»: «La direzione Pd ringrazia il presidente del Consiglio per il lavoro svolto alla guida del governo, un esecutivo di servizio nato in un momento delicato». Formale, pragmatico. Procede per negazioni: niente processi al governo in (s)carica; niente staffetta: «Nella staffetta si va alla stessa velocità e qui c'è bisogno di un cambio di ritmo»; niente derby caratteriale, ma un bivio: o le elezioni subito o la trasformazione della legislatura in Costituente. Qui Renzi torna boy-scout e cita Robert Frost, il poeta amato da JFK che ispirò L'attimo fuggente: «Due strade divergevano nel bosco ed io presi quella meno battuta». Quella più difficile. La strada maestra sarebbe passare dal voto, ma non ci sono garanzie che si arrivi a un vincitore. Si mette di sbieco, si tocca la fede nuziale: la legge elettorale non è più il primo obiettivo.
Dunque, conviene rischiare. Infila le mani nelle tasche della giacca per replicare agli inviti ad attendere condizioni più favorevoli. Rivendica con orgoglio «l'ambizione smisurata» del partito. O il cambiamento lo impone il Pd o non lo impone nessuno. Vi invito a prendere «la strada meno battuta». «Ghe pensi mi». Lo psicodramma è finito
Sfiduciamo Letta. Anzi no. Non subito. Non venga umiliato. Si dimetta lui. Un partito paralizzato dai suoi dualismi. Il mediatore e il vincente. Il premier e il segretario. Cose già viste. L'hashtag della giornata è «palude». Usciamo dalla palude, ripete Renzi. Vi tiro fuori io. Renato Brunetta, collegato con lo Speciale del Tg La7, non ci crede: «La palude è tutta dentro il Pd». Non è possibile che una crisi di governo si apra e si chiuda dentro la direzione Pd. «Questa è la crisi del Pd», ma c'è di mezzo il Paese.
Lo streaming della staffetta comincia con la gag dell'sms di La7 che chiede al segretario di temporeggiare «perché siamo in pubblicità». Ma non basta a stemperare la tensione. La piega del volto è preoccupata. C'è da scavalcare la resistenza zen di Letta. C'è da superare la sua mossa di non presenziare alla direzione, come dire: giustiziatemi in mia assenza. C'è da metabolizzare la vignetta di Giannelli sul Corriere della Sera: «Mai giochini da prima Repubblica. Mai contro Letta. Mai senza il voto popolare. Mai con il centrodestra». Palazzo Chigi è lì, ma anche per Mandrake-Renzi la china da risalire è una ripida erta. Non basta la Smart. Non basta la mediaticità. Ce la farà il sindaco-segretario-candidato premier?
Completo grigio e camicia bianca senza cravatta, per il giorno della svolta sceglie un look essenziale ma informale. Braccia allargate sul podio, legge subito il documento che dà il benservito «al governo di servizio»: «La direzione Pd ringrazia il presidente del Consiglio per il lavoro svolto alla guida del governo, un esecutivo di servizio nato in un momento delicato». Formale, pragmatico. Procede per negazioni: niente processi al governo in (s)carica; niente staffetta: «Nella staffetta si va alla stessa velocità e qui c'è bisogno di un cambio di ritmo»; niente derby caratteriale, ma un bivio: o le elezioni subito o la trasformazione della legislatura in Costituente. Qui Renzi torna boy-scout e cita Robert Frost, il poeta amato da JFK che ispirò L'attimo fuggente: «Due strade divergevano nel bosco ed io presi quella meno battuta». Quella più difficile. La strada maestra sarebbe passare dal voto, ma non ci sono garanzie che si arrivi a un vincitore. Si mette di sbieco, si tocca la fede nuziale: la legge elettorale non è più il primo obiettivo.
Dunque, conviene rischiare. Infila le mani nelle tasche della giacca per replicare agli inviti ad attendere condizioni più favorevoli. Rivendica con orgoglio «l'ambizione smisurata» del partito. O il cambiamento lo impone il Pd o non lo impone nessuno. Vi invito a prendere «la strada meno battuta». «Ghe pensi mi». Lo psicodramma è finito