Nonostante alcuni diffusi e superficiali pregiudizi, la Romania è una terra ricca di cultura e intrisa di storia latina, patria di alcuni tra gli intellettuali più rappresentativi del Novecento, come Mircea Eliade, Eugène Ionesco, Costantin Noica, Vintila Horia ed Emil Cioran, per citare soltanto i più noti. Di Cioran sono appena uscite da Mimesis due novità librarie che ci confermano la grandezza e la profondità di un autore molto apprezzato in Italia, soprattutto dopo l'approdo all'Adelphi.
L'intellettuale senza patria è una lunga intervista concessa da Cioran, nell'agosto del 1983, al giornalista, scrittore e traduttore statunitense Jason Weiss (pagg. 86, euro 4,90), mentre Il nulla. Lettere a Marin Mincu 1987-1989 (pagg. 92, euro 5,10), è una testimonianza della profonda amicizia che legava Cioran a Costantin Noica, pur nella radicale diversità di opinioni e di pensiero. Geniale, caustico, cinico, aristocratico, Cioran è un vulcano che scaglia lava e lapilli contro tutti, prendendo di mira i luoghi comuni del conformismo intellettuale. Nichilista, soffre la mancanza di senso della vita; figlio di un sacerdote ortodosso, è sprezzantemente ateo; esiliato, sente profondamente le proprie radici romene; coltissimo, critica la vacuità dell'erudizione fine a se stessa; ossessionato dall'idea della morte, considera la possibilità del suicidio l'unica ragione per cui vale la pena di vivere.
Nell'intervista con Jason Weiss parte di cui pubblichiamo in questa pagina, oltre a temi «alti», come l'inevitabile infelicità dell'uomo o l'ossessione per il silenzio, vengono toccati anche argomenti più leggeri e personali. Quindi veniamo a sapere che, assai prima di Haruki Murakami e della sua «arte di correre», Cioran praticava «l'arte di pedalare», che lo guarì da una grave forma di insonnia. Dal 1937 al 1940, infatti, lo scrittore percorse almeno 100 chilometri al giorno su una vecchia bici da corsa, facendo, forse per l'unica volta in tutta la sua esistenza, una vita sana e regolare, salvandosi in tal modo dall'abuso di medicinali e sonniferi che lo stavano avvelenando. Che, al netto di tutte le profonde meditazioni, alla fine «pedalare» sia il vero segreto del vivere bene?
Luca Gallesi 2 2014
L'intellettuale senza patria è una lunga intervista concessa da Cioran, nell'agosto del 1983, al giornalista, scrittore e traduttore statunitense Jason Weiss (pagg. 86, euro 4,90), mentre Il nulla. Lettere a Marin Mincu 1987-1989 (pagg. 92, euro 5,10), è una testimonianza della profonda amicizia che legava Cioran a Costantin Noica, pur nella radicale diversità di opinioni e di pensiero. Geniale, caustico, cinico, aristocratico, Cioran è un vulcano che scaglia lava e lapilli contro tutti, prendendo di mira i luoghi comuni del conformismo intellettuale. Nichilista, soffre la mancanza di senso della vita; figlio di un sacerdote ortodosso, è sprezzantemente ateo; esiliato, sente profondamente le proprie radici romene; coltissimo, critica la vacuità dell'erudizione fine a se stessa; ossessionato dall'idea della morte, considera la possibilità del suicidio l'unica ragione per cui vale la pena di vivere.
Nell'intervista con Jason Weiss parte di cui pubblichiamo in questa pagina, oltre a temi «alti», come l'inevitabile infelicità dell'uomo o l'ossessione per il silenzio, vengono toccati anche argomenti più leggeri e personali. Quindi veniamo a sapere che, assai prima di Haruki Murakami e della sua «arte di correre», Cioran praticava «l'arte di pedalare», che lo guarì da una grave forma di insonnia. Dal 1937 al 1940, infatti, lo scrittore percorse almeno 100 chilometri al giorno su una vecchia bici da corsa, facendo, forse per l'unica volta in tutta la sua esistenza, una vita sana e regolare, salvandosi in tal modo dall'abuso di medicinali e sonniferi che lo stavano avvelenando. Che, al netto di tutte le profonde meditazioni, alla fine «pedalare» sia il vero segreto del vivere bene?
Luca Gallesi 2 2014