La gente dice che la primavera turca è nell'aria. "Una primavera turca, dunque, per essere precisi. In Turchia non ci troviamo comunque di fronte alle rivolte popolari che esplosero in Tunisia e in Egitto e che portarono alla caduta di quelle dittature. Erdogan non è certo un dittatore, ma gode del consenso popolare espresso con elezioni democratiche. D'altra parte è merito di Erdogan e del suo partito al governo da circa un decennio se la Turchia gode di una straordinaria, favorevole congiuntura economica e se minoranze come quella curda e quella cristiana vivono in un clima di tolleranza e di riforme liberali, prima impensate. La stessa pacificazione raggiunta con la fazione armata e separatista dei Curdi ne rappresenta un segno evidente. La Turchia, a tale proposito, è diventata la stella polare della regione - una sintesi di Islam e di democrazia e, al tempo stesso, modello da imitare di economia di mercato. Tuttavia dall'inizio del suo terzo mandato (giugno 2011) si è andato manifestando un clima di malessere che testimonia l'insuperabile incapacità del Premier di tener conto delle esigenze dei cittadini di una metà del Paese, con l'accelerata introduzione di provvedimenti in contrasto con la tradizione laica e kemalista del Paese: un nodo, ma non è solo questo, che viene al pettine e trova le proprie ragioni nelle radici della Repubblica turca. L'eruzione di violenza dei giorni scorsi nell'euroasiatica Turchia ripropone il dilemma originario della storia recente di quel Paese. L'assertivo nazionalismo conservatore di stampo capitalista di Erdogan era riuscito a narcotizzare certe istanze laiche, e ancora, non troppo segretamente, coltivate dai militari, ma non alcune correnti comuniste, forti nella società, che rigettano apertamente le sue riforme neoliberali. A minacciare la stabilità della Turchia non è tanto la vocazione libertaria dei giovani e di non pochi settori della società civile e imprenditoriale, quanto alcune derive neoislamiste del suo stesso partito, che a sua volta, peraltro contempla anche anime decisamente filo-occidentali ed europeiste. Alcuni dei giovani che si erano uniti ai disordini e ne avevano poi preso le distanze sono anche i figli degli uomini del partito del Premier, che guardano alla modernità e al progresso delle riforme e non certo a modelli autoritari di ritorno. Come hanno ben sottolineato non pochi osservatori, per concludere, se la recente ondata di protesta rischia di offuscare la carriera di Erdogan, da un lato può costituire un utile campanello d'allarme, una lezione salutare per la leadership turca, che dai fatti può trarre un valido insegnamento a proseguire nella sua lunga e fortunata navigazione alla guida di tutti i Turchi.
Casalino Pierluigi, 9.06.2013