Arte contemporanea: la Biennale di Venezia stupefacente: by Vittorio Sgarbi

da Venezia
Dovremo essere riconoscenti a Massimiliano Gioni per la straordinaria e dotta edizione della Biennale di Venezia che ha curato senza cedere alle lusinghe dell'arte e del mercato del nostro tempo.
La sua mostra non intende documentare tendenze e ricerche, ma risalire a una ossessione, una visione interiore che la modernità vuole esprimere a partire dalla sostituzione della religione con la psicoanalisi, dell'anima con l'inconscio.
E se i segni espressi dalla contemporaneità si possono far risalire, nella vulgata storiografica, a Ensor, a Van Gogh, a Munch, e, ancora, a Gauguin e a Cezanne, nella ricostruzione di Gioni il punto di partenza, sotto la volta Art Noveau di Galileo Chini nel Padiglione Centrale ai Giardini, è esplicitamente Carl Gustav Jung, con il Liber novus, o Libro rosso, un vero e proprio codice miniato concepito cent'anni fa, nel 1913, ed elaborato in 16 anni. Partendo da Jung (e non per esempio dai futuristi), il percorso articolatissimo di Gioni disegna una storia «parallela», in cui entrano alienazione, alterità, follia.
Gioni classifica archetipi, «immagini primordiali», e propriamente, immagini prime, perché definisce storie infinite, a partire da esperienze del sentire e del vedere diverse per ognuno di noi. Per questo sorprende il Libro rosso di Jung, come un caleidoscopio di immagini e colori. È una partenza evocativa e formidabile, che determinerà, sulla falsariga del Palazzo Enciclopedico di Marino Auriti, un percorso tanto rigoroso quanto capriccioso. Si può presumere, infatti, che un'enciclopedia, nella sua pretesa universale e totalitaria, sia per molte parti simile a un'altra in uno spirito onnivoro di conoscenza. D'altra parte, con finezza, Gioni pone a epigrafe del suo saggio un pensiero di Platone evidenziato da Athanasius Kircher nell'Ars Magna Sciendi: «Niente è più dolce che sapere tutto».... C
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