L'ecosorriso di Gabriella Veroni (Este Edition) *di Carla Sautto Malfatto

Ilsorriso della natura

Chi si appresta per la prima volta alla lettura di “Intermezzo” della poetessa ferrarese Gabriella Veroni, gode di una poetica legata alla natura, colma di luce ed insieme di sottili malinconie. Ma chi, come me, ha già assaporato l’esordio di Gabriella in “Di te e di me”(Este Edition, 2009), nota una considerevole crescita nell’esposizione, più curata e più matura, e nell’intensità dei sentimenti, acuiti da nuove esperienze, una delle quali molto dolorosa. La prima raccolta era infatti legata al progetto di un libro “costruito insieme” all’amato compagno Giancarlo Munerati, pittore: poesie e immagini per celebrare il loro sodalizio nella vita, anche se artisticamente ognuno seguiva la sua strada. Venuto a mancare il consorte, Gabriella si era quindi decisa a portare a termine questo loro proposito, raccogliendo le liriche composte prima della scomparsa del marito e affiancandovi le immagini dell’artista, formando così un anello temporale che li sublima e li trattiene immutabili e che si schiude nell’amore per la figlia Raffaella, cui è dedicato.

Ora, invece, Gabriella si presenta sola, e la solitudine è una delle componenti di questa raccolta che si palesa in forma “tascabile”ed “ardita”: “tascabile”, come il blocchetto che sicuramente la poetessa tiene in borsetta, pronta ad estrarlo come unica arma contro il male del mondo e come unico scrigno per imprimervi le felicità fugaci (un manuale di pronto intervento, in caso di necessità, utile a lei, a noi…); e “ardita”, perché dall’aspetto innovativo, moderno, con un gaio sentore di età scolare, che non svilisce al confronto dei consueti e più voluminosi formati, perché fa affidamento sul suo “contenuto” – in fondo, ciò che veramente conta.

Perché Gabriella è così: giovane, curiosa, volonterosa, come una scolaretta che ha ancora tutto da imparare dalla vita, che ama la vita, e la vita di ogni giorno (“oggi è il momento) e non si vergogna di questa sua pulsione, ma anzi, la considera un dono – e un impegno – e affronta tutto, ma proprio tutto, con una vaghezza che è tale solo per chi non la conosce, per chi guarda all’aspetto esteriore, senza indagare su quanto ciò sia frutto di grande forza di volontà, di autocontrollo, di sopravvivenza. Gabriella è“creatura dell’aria,“prati e cielo,“l’erba e l’aria,un essere alato cui una bizzarra sorte ha tolto gli organi di volo, destinandoli al suo spirito, dotandola di un corpo terrestre che lei utilizza come continuo trait d’union tra la “sua” terra e il “suo” cielo, perché “dalla campagna discendono le cose che compongono il mio cielo,in una visione “all’incontrario”.

Eppure silenzio, silenzio, tanto silenzio (“un silenzio che grida) in questa silloge, insieme all’amore per la natura e per le persone (“solo l’amore e darne m’illumina il cuore),per questa donna dal passo leggero ed elegante, che sembra veramente avere “radici sull’acqua,ma che pure è stranamente solida, “sempre il mio sorriso, come la terra, che si lascia scalfire dal tempo e dall’uomo, che non ne gode certo, ma che lascia fare, se non può fare altrimenti, perché conscia di potersi ricomporre, per quella forza rigeneratrice di qui è intrinsecamente dotata.

Delicata, incrollabile Gabriella, che ha trovato una dimensione parallela in cui rincantucciarsi, che è sempre pronta a cogliere il minimo effluvio di bontà per contrastare l’uggiosità del dispiacere, che non si lamenta ma si propone, che resta sempre in osservazione ed in ascolto di ogni vagito della natura, secondo un alfabeto solo a lei noto, perché la natura è forte, la natura non tradisce e, quando è crudele o si rivolta, agisce e reagisce secondo le proprie leggi, senza congetture e malizie, unicamente per preservarsi.

Mi sento parte della natura,reitera Gabriella, quasi ad alzare uno scudo, e, tra “silenzio, ombra, radici, sole, voli, terra, vento…,elementi suoi e del Poggetto, lasciamoci dunque pervadere dall’insegnamento di questa poetessa che, senza pretese (e quell’ultima immagine del suo “Intermezzo”, dove lei sembra defilarsi per lasciare più spazio al paesaggio, è assai emblematica), vuol farci riflettere sull’energia sprigionata dagli elementi naturali che ci circondano e da cuitraiamo vita, perché siano rispettati e, fermando ogni tanto la nostra affannosa corsa, assaporati e goduti.

Carla Sautto Malfatto

Denore, 22 ottobre 2012