Paolo Giardini: Simone Weil riteneva pericolosi i partiti. Anch’io.

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La determinatissima filosofa Simone Weil aveva una testa fina. Era invece un po’ carente nel fisico, motivo per cui è morta prematuramente,debilitata da stenti a cui riteneva necessario sottoporsi.

Per filosofare sulla povertà con cognizione di causa, invece di ricerche su testi e simposi accademici diede il suo stipendio d’insegnante ai bisognosi trattenendo per sé la cifra corrispondente al sussidio di disoccupazione, così le riuscì di sperimentare in modo scientifico, galileiano, la fame che c’era in fondo alla scala sociale.Quando la piccolo-borghese volle erudirsi sulla condizione operaia, lasciò l’insegnamento e andò a lavorare nelle fabbriche Renault e Alsthom, provando di persona quant’erano faticose le mansioni dei manovali e insalubri i luoghi di lavoro (anni ’30). Infatti ci mise poco ad ammalarsi.

I suoi scritti, dicono gli esperti, “costituiscono un laboratorio di pensiero e di poesia di altissimo livello, fonte di profonde riflessioni e testimonianza di una rara integrità esistenziale”.

Ho trovato un suo testo dal titolo suggestivo: Manifesto per la soppressione dei partiti politici”. Impossibile per me evitare di leggerlo, che non ne posso più di sentirmi oltraggiato dai partitanti al potere ad ogni sfogliata dei quotidiani, leggendovi le peggiori stoltezze rese operative col massimo della spesa. E sui giornali compare solo la punta dell’iceberg, almeno per quello che combinano le amministrazioni locali a Ferrara.

E’ stato quindi un compiacimento leggere dopo le righe iniziali:La questione da esaminare è se ci sia in essi (i partiti)un bene che abbia la meglio sul male e renda così la loro esistenza desiderabile. Ma è molto più sensato chiedersi: c’è in loro anche solo una particella infinitesimale di bene? Non sono forse un male allo stato puro, o quasi?

Poco dopo si trova: ”La democrazia, il potere della maggioranza, non sono un bene. Sono mezzi in vista del bene, stimati efficaci a torto o a ragione.

Frasi apodittiche, ma lucidamente spiegate per una trentina di paginette immuni dal relativismo, che concludono: Non è certo che sia possibile rimediare a questa lebbra, che ci sta uccidendo, senza cominciare dalla soppressione dei partiti politici. Perché i partiti, enuncia poco prima, sono una lebbra si è espansa, attraverso tutto il paese, alla quasi totalità del pensiero.

E’ di sorprendente soddisfazione constatare che un problema da tempo mugugnato nei limiti della mia pochezza intellettuale sia trattato (infinitamente meglio, ovviamente, ma in piena analogia) dal penetrante pensiero della Weil, ma ciò non compensa l’amarezza per il tempo che passa inutilmente: lo scritto è del 1940, e da allora le cose non sono cambiate.

Qualche intellettuale ha opinato sullo scarso valore residuo di considerazioni conseguenti ai tumultuanti eventi che scuotevano, con la Weil, la Francia di allora. Opinioni irrilevanti. Nel suo “Schiuma della terra” Arthur Koestler descrive drammatiche esperienze vissute in Francia nel 1939 per nulla confrontabili con la situazione di oggi. Eppure la forma mentis dei francesi che scopriva in giorni convulsi, e grandemente lo stupiva, è identica a quella dei ferraresi odierni.

A riprova che la Weil aveva ragione.

 

Paolo Giardini