Di fatto, la rivisitazione di The day the Earth stood still (Robert Wise, 1951), ha ricollocato il racconto in un contesto ben diverso da quello della guerra fredda, ma ugualmente devastante: la distruzione della terra da parte dell'uomo. L'extraterrestre Klaatu (Keanu Reeves), non ha lo scopo di salvare l'uomo, bensì il pianeta che in assenza di una specie così caotica e nefasta, potrebbe continuare a vivere e produrre un altro genere vivente intelligente ed un'altra società.
Se quanto detto è l'essenza del film, il suo svolgimento appare allo spettatore piuttosto lineare e semplice. Naturalmente si resta colpiti dagli effetti speciali, ma questi distraggono dal tessuto narrativo. Ci spingono a porre in secondo piano le incongruenze della storia. Annullano la sua logicità mantenendo la nostra attenzione sul superficiale, senza lasciarla attecchire e penetrare nel contesto del narrato. Possibile che solo l'amore materno della bella dottoressa (Jennifer Connelly), possa indurre Klaatu a salvare il genere umano concedendogli una seconda possibilità? E quale? La sopravvivenza sino all'autodistruzione? Certo, potremmo supporre che la distruzione operata dallo sciame -biblico- composto da una sorta di cavallette aliene potrebbe aver provocato un po' di paura, uno stimolo a cambiare; benché ci si possa lecitamente domandare: che cosa? Il messaggio dallo spazio non filtra per l'incapacità di comunicare del potere e quando colto nelle sue linee essenziali rimane confinato tra i vertici politici degli Stati Uniti... C