Le Ombre post referendum

E adesso questo benedet­to referendum ce lo paghia­mo. Le folle festanti che gioi­scono per l’acqua pubblica e l’energia finalmente verde hanno inconsapevolmente scelto per tutti noi: più tasse. Non penseranno mica che il conto sia gratis. Destra e sini­stra qua c’entrano poco: Za­ia, il governatore veneto, co­me Bonelli, il leader verde, pa­ri sono. «Il buon senso c’era, ma se ne è stato nascosto per paura del senso comune»; è l’atteggiamento bipartisan che in molti hanno avuto. Il trucchetto grazie al quale i costi della scellerata scelta sono stati nascosti sotto il tappeto si chiama illusione finanziaria, come la definì un grandissimo economista italiano di inizio Novecento, Amilcare Puviani. Semplificando, si tratta di quella trappola che tendono con abilità i politici quando un costo per la collettività - invece di cancellarlo - lo spostano in un anfratto ben poco visibile. Il referendum appena passato sull’acqua è un caso di scuola. Vediamo. I nostri tubi perdono come un colapasta: più si scende e peggio è. Nei prossimi trent’anni sarà necessario investire 60miliardi di euro per ridurre decisamente le perdite. Da oggi in poi il costo di questi investimenti non sarà più possibile comprenderlo nelle tariffe dell’acqua stessa.

Ma siccome Babbo Natale da queste parti non si è fatto vedere, da qualche parte questi quattrini toccherà tirarli fuori. La procedura è semplice: con le tariffe ci paghiamo, se va bene, la gestione ordinaria dell’acqua e gli investimenti verranno invece scaricati nelle casse comunali. Et voilà l’illusione è fatta: il coniglio è uscito fuori dal cappello. Poi però non lamentiamoci quando i nostri amministratori locali alzeranno al massimo l’Irap e l’addizionale Irpef (lo ha appena fatto Nichi Vendola in Puglia). Sarà interessante assistere tra qualche anno ai favolosi vincitori referendari quando in piazza sfileranno per la riduzione della pressione fiscale arrivata ormai a livelli insopportabili o quando urleranno contro i tagli dello Stato centrale, che ovviamente non ha alcuna intenzione di coprire a piè di lista i costi dei propri enti locali. Certo un’alternativa c’è. Non fare investimenti e piano piano aumentare le tariffe locali. Esattamente quanto è avvenuto fino ad oggi. Chissà perché nessuno ha messo in rilievo come quest’anno le tariffe dell’acqua siano aumentate del 10 per cento, contro un’inflazione del 2,5 per cento? E anche sugli investimenti basta fare come si è fatto sino ad oggi: cioè poco o nulla. Disperdiamo il 40 per cento dell’acqua e un italiano su tre si trova in zone non trattate da depuratori.

Continuiamo così: tutti felici. I cittadini festanti votano per la loro condanna fiscale e i politici altrettanto festanti brindano per il mantenimento delle loro 24mila poltrone nei consigli di amministrazione delle società pubbliche locali (fonte Corte dei conti). Quello che non vedremo nelle tariffe, lo troveremo in maggiori imposte e affideremo il tutto ai nostri abilissimi politici locali. Bell’affare. Sul nucleare Puviani avrebbe potuto scrivere un trattato. Al suo posto, si parva licet , lo ha fatto l’Authority per l’energia. Il discorso in questo caso, limitandosi solo all’aspetto economico, è ancora più semplice. A gran voce si reclamano, come alternativa al nucleare, il sole e il vento. Purtroppo vento e sole non sono efficienti quanto i combustibili fossili e l’atomo, e dunque tocca dare loro un incentivo. Niente da fare: anche in questo caso Babbo Natale non si è fatto vedere. L’Authority ha calcolato per il 2011 tale incentivo in circa 5 miliardi di euro. Ma chi ha messo per terra una pala o un pannello ne ha diritto (a tariffa costante senza riduzioni) per i prossimi 20 anni...

CONTINUA

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