Sandro Giovannini, Dialoghi di Gian Ruggero Manzoni....

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  • "DIALOGHI"
  • di
  • GIAN RUGGERO MANZONI
  • rec. di
  • Sandro Giovannini

  • Credo che la recensione di Sessa al libro di Gian Ruggero Manzoni “Dialoghi infami” che - ammetto - ho letto con una certa difficoltà dovuta alla rammemorazione dell’antica vicinanza a troppe delle dimensioni direttamente ed indirettamente evocate in queste pagine, sia perfetta per sobrietà e per le poche ed essenziali domande (ma dirimenti) che pone al testo.
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  • Che poi io mi auguri che i lettori di questo bel libro di Gian Ruggero Manzoni possano essere una folla sterminata è dovuto al pre-giudizio positivo che nutro verso coloro che, invece di maschere di cartapesta moralistiche o variamente corrette, siano in grado d’interrogarsi profondamente sulle entità messe in gioco tragico quando, come direbbe Girard (Achever Clausewitz), ci si porti all’estremo.  «...finendo Clausewitz, percorrendo fino in fondo il movimento che egli stesso ha interrotto». In fondo, in Girard, è questo che mi interessa veramente e non l’esegesi veterotestamentaria più o meno teleguidata entro la trasformazione da duello a guerra in forma e poi... oltre. E’ forse solo l’oltre definitivo, che poi sarebbe sacro e laico assieme, ormai proprio possibile, che ci guida a capire l’origine... Ed in questo l’intuizione verso la compresenza dell’estremo, come globalmente attuabile, è il punto decisivo. Non solo per i singoli, ma per i popoli. E perché lo stratega si ritrasse dalle domande che portarsi all’estremo comporta nella dimensione polemologica? Forse per la stessa ragione per la quale ho fatto fatica a leggere sino in fondo, più volte, il libro del caro amico e valentissimo artista Manzoni.
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  • Prima di tutto, e proprio per questo, l’omaggio va al suo vero coraggio, di chi cioè parla di cose su cui tutti stendono lenzuoli di nera ipocrisia, coltri piene di acari di piumoni/buoni sentimenti e materassi double face mollati e con plurimi strati estate/inverno per poterci dormire sopra, con un minimo di resa. Offendiamo, deridiamo, tale furbizia ontologica? Nemmeno per sogno (e per sonno). Tutti abbiamo contezza, icasticamente già solo a partire da N., che guardare nell’abisso è comunque fare i conti con il vortice tamasico. E prima ancora secoli e secoli di omelie, apocalissi varie, rivelazioni e disastri descritti ed annunciati ed imposizioni di patti sacri senza sconti. Qui non si tratta d’elevare un’interrogazione a feticcio ma di porsi proprio al centro del rapporto della ripetizione infinita, innegabile, insuperabile, dell’umana totalitaria violenza, ed in essa delle costanti - vista binoculare, “animale da preda” - e delle sorprendenti varianti dell’uomo, La legge - non scritta - della storia. Per quanto ne sappiamo, sino ad ora con certi suoi riti suoi spazi suoi limiti, sempre festosamente crudeli. Ma ora - praticabilmente, da chi può - smisurata.
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  • E - ritornando al microcosmo - chi ha dignità di sé, senza avere, per troppa esuberanza, considerazione eccessiva della proprio forza, potrà forse per un giorno, un anno od un’intera vita provare a provarsi, a mettersi in pericolo, a dimostrarsi colui che è capace di scatenare i demoni interiori soprattutto nel proprio foro di piccola guerra santa. Senza magari scoprirsi in (gravissimo) azzardo solo per cose del tutto insignificanti, come un viaggio in macchina od una gita in bici...
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  • La casalinga del piano di sotto che urla come una matta per una pentola che ti cade a mezzanotte sul pavimento del piano di sopra al suo e che così sveglia libera e feroce tutto il caseggiato, in quel momento di furia non è diversa da chi, con occhio gelido e senza nessuna partecipazione - come si direbbe ora, empatica - ti fredda, senza odio o rancore. Orrore!!! Urlerebbe qualcuno. Sarebbe questione di proporzioni... Certamente, ma quelle attingono, appunto, alle “poche ed essenziali domande” che Sessa si pone al cospetto del mutuo rapporto Dioniso/Apollo, messo a rischio (grosso) proprio dal portarsi all’estremo...
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  • Che poi è qui, un estremo “non istituzionale”, con relativa (a troppe altre cose) copertura comunitaria o d’apparati. Quindi, nella radice e non nell’esito, un estremo anarcoide, seppur dello stesso contenuto, più o meno violentemente strutturale, di quelli più o meno burocratici.
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  • E sappiamo che anche la fedeltà a se medesimi porta all’estremo, anche la bellezza dell’anima o la diavoleria in corpo (...guarda gli infiniti sterminii, Gaza, guarda l’Ucraina, la Russia, e contestualmente... i finti buoni ed i finti moderati). Se lo capisci vuol dire, necessariamente, che dovrai calmierarti? Che dovrai prendere di te solo quello che riuscirai a sopportare? Ciò che riuscirai a poterti - veramente - permettere?
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  • In fondo morire (in guerra) od andare in galera (per, con, nella guerra), per i migliori e persino per i peggiori, può rappresentare una raggiunta considerazione di status, un codice per entrare nelle proprie più intime viscere e nervi scoperti, addirittura per aspera ad astra delle nevrosi ma di tipo superiore e geniale, conoscendosi infine per chi-si-è, o forse di più per chi si-vuole-essere, senza raggiri. Con esempio, ragguardevole, direi proprio benvenuto tra tanto ipocrito mal-detto, di questi mercenari. Urtanti, sovente, perché uno che vive così, in genere non fa neanche sconti verbali, persino nella discrezione di accenni o sguardi... Forse una fuga nell’utopia e nel sogno di sé, a volte. Giustamente Sessa dice... ciò non è per i borghesi. Sentenza lapidaria, ma non inutile all’intelletto perché sapere che non si può rischiare qualcosa, o meglio, sentire - magari anche confusamente, ma impossibilmente - che non si vuole riflettere su ciò che ci potrebbe far rischiare di più, è cosa buona. Non mi preoccupa poi che qualcuno, pur giustamente, possa dire: tralasciamo i mercenari ed occupiamoci solo dei nostri eroi. Qui siamo proprio fuori, nella dismisura della fine delle patrie interiori ed esteriori, descritta però da chi nella Patria ha creduto e per essa ha rischiato la vita e si è saputo anche confrontare, nobilmente, generosamente, col diverso da sé, (per conoscersi meglio...direi).
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  • Infatti, questi, interrogati con letteraria ma sapiente/partecipe calma... quasi pausa nel destino di ognuno e normalità che ti assale voracemente come i sogni/incubi notturni - senza che tu te lo chieda - questi mercenari, moltiplicando il caleidoscopio rivelano col dito alzato, i sogni/incubi di tutti noi, che come ben sappiamo vengono da Altro.
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  • Questi mercenari sono quasi tutti come la casalinga della padella... in fondo... sono solo andati all’estremo