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di Paolo Giordano (testo pubblicato in precedenza sul Corriere della Sera)
Nel maggio 2016, durante una visita ufficiale a Hiroshima, Barack Obama pronunciò un discorso, che venne prontamente elogiato dall'allora segretario dell'associazione Nihon Hidankyo, Terumi Tanaka. La mattina seguente, rientrando a casa in treno, Tanaka rilesse il discorso con più attenzione, tradotto in giapponese: «Settantun anni fa, in una luminosa mattina senza nuvole, la morte cadde dal cielo», death fell from the sky. Si accorse di aver sbagliato, di essere stato affrettato nel suo elogio. Il 6 agosto 1945 su Hiroshima, e il 9 agosto su Nagasaki (la città dove Tanaka tredicenne era sopravvissuto), la morte non era affatto «caduta dal cielo». La morte, sotto forma delle bombe Little Boy e Fat Man, era stata gettata da un cacciabombardiere americano, su target scelti con lo scopo esplicito di massimizzare la devastazione e lo shock dei giapponesi. L'eufemismo di Obama, la morte che cade dal cielo, conteneva tutta l'ipocrisia del mondo occidentale riguardo agli attacchi atomici, un'ipocrisia che durava da oltre settant'anni.