IL MITO DI ATLANTIDE


Da: Pierluigi Casalino


  
Difficile dire con certezza quando si cominciò a parlare di Atlantide. Altrettanto difficile rispondere con una data o con un autore. Sappiamo da Plutarco Solone, dopo aver lasciato la Grecia, raggiunse l'Egitto e lì apprese, da un sacerdote di Sais, la storia del continente scomparso. Aldilà di quello che conosciamo dal celebre legislatore, la cui vita Plutarco arricchisce di notizie fantasiose, leggendo due dialoghi di Platone, Timeo e Crizia, siamo informati dal filosofo sulla posizione geografica di questa terra misteriosa, sita oltre le Colonne d'Ercole. In tali pagine ci meravigliamo delle sue ricchezze minerarie, boschive e zoologiche; inoltre lo stupore ci coglie per l'urbanistica, gli arsenali, i sacrifici, l reggia, l'acropoli e altro ancora, comprese certe straordinarie scoperte ed applicazioni scientifiche, che, a dire il vero, ritroviamo anche nelle mitologie indù antiche. Aristotele, discepolo di Platone, stentava a credere all'esistenza in un simile paradiso. Strabone, il geografo morto nel II secolo della nostra era, non lo negò, ma lo scrisse con un sorriso. Proclo, uno dei maestri del V secolo, nel monumentale Commento a Timeo, ci crede. Tramontato il mondo antico, si perviene a conclusioni suggestive. Il Medioevo occidentale non resterà incantato da simili ipotesi. In ogni caso, il bizantino Cosma Indicopleusta, navigatore delle Indie, nella Topografia cristiana (VI secolo) sostiene una tesi un pò fantasiosa ed irrealistica riguardante Platone e Mosè. I due avrebbero asserito la medesima cosa: Atlantide non fu altro che il mondo antidiluviano e i dieci re del continente scomparso sarebbero nient'altro che le generazioni da Adamo a Noè. Circostanza, peraltro, non attendibile. D'altra parte, infatti, non sappiamo cosa ci fosse prima del Diluvio, e quando ci sia stato il Diluvio ha fatto un repulisti. Le situazioni che vediamo sono quelle comparse dopo che Noè con la sua famiglia è ripartito rifondando la specie umana dopo che era stata fatta una massiccia selezione. Quindi, quello che accadde sulla Terra come frutto del Peccato Originale prima che Dio intervenisse con il Diluvio non lo possiamo immaginare. Possiamo solo dedurlo e non si tratta solo di un genere letterario. Dopo il Peccato Originale si dice nella Bibbia che i gli uomini "ebbero mostri per figli e per figlie". Il mito di Atlantide partorì più tardi enigmi ed utopie, il Rinascimento se ne innamorò fino ad utilizzarlo come modello. Illustri autori, come il gesuita tedesco Kircher, nel 1680, disegnò l'Insula Atlantis vicino alle Azzorre; un centinaio di anni dopo il naturalista conte di Buffon finì di essere d'accordo con lui. L'elenco degli scrittori e studiosi interessati a questo mondo perduto è senza limiti. Lo scozzese Alfred E. Taylor in un suo testo a commento del Timeo di Platone, pur esaminando l'opera del filosofo greco, Atlantide sfugge. L'argomento resta affascinante e si può concludere davvero che se non manca di coincidenze con la fine della Torre di Babele, la storia di Atlantide non trova tempo e spazio identificabili, se non in quello della mente. E pur tuttavia ha un senso pensare che qualcosa di reale ci sia in questa rappresentazione che rinvia al crollo di una civiltà per raggiunti livelli di superbia intellettuale e morale. Una riscrittura ante-litteram della grande lezione di Giambattista Vico, maestro della Storia e della dialettica delle civiltà.
Casalino Pierluigi