Ferrara: il ritorno degli anarchici post Remo Tartari


“Ferrara è stata sacrificata”

 

L’anno che si chiude è stato tremendo ed il 2013 sarà sicuramente peggiore, inutile crearsi illusioni o vivere di false speranze. Il partitismo ed il sindacalismo concertativo-burocratico hanno mostrato tutti i loro limiti confermando un servaggio imbarazzante ad un paradigma economico e finanziario miope, terminale, decadente ed autodistruttivo. L’attuale sistema nel suo complesso sta rapidamente implodendo creando da una società polarizzata fra una massa di proletari e sottoproletari destinata all’indigenza e una minoranza di super-ricchi.

Cosa ci dobbiamo aspettare per l’anno prossimo? Probabilmente una situazione non dissimile da ciò che avviene in Grecia, Spagna e Portogallo: disoccupazione galoppante dovuta alla deindustrializzazione del paese, aumento esponenziale della povertà, collasso dei sistemi previdenziale, sanitario, ecc. . Una situazione oggettivamente insostenibile che si tradurrà in un imbarbarimento del tessuto sociale con derive xenofobe, fondamentaliste religiose e via discorrendo. Non è escluso che a ciò seguirà un’involuzione autoritaria e militarista dell’entità statale, o meglio si paleserà a tutti (perbenisti inclusi) ciò che era evidente solo ai cosiddetti “ribelli” o “estremisti”.

I primi segni di questa degenerazione sono già visibili qui in casa nostra, nella ingessata, decadente, conformista e sempre più povera provincia di Ferrara. La nostra provincia è sempre stata uno dei fanalini di coda del ricco nord quanto a sviluppo economico, tuttavia per circa una decade si è potuto fare finta di niente, o meglio la cosiddetta casta ha rassicurato ed imbonito l’opinione pubblica mentre lentamente i settori produttivi che garantivano la sussistenza al popolo venivano sacrificati dallo “Stato sacerdote” sull’altare del capitalismo finanziario fra gli applausi dei postulanti (sindacati burocratico-concertativi, cricche di privilegiati ed imboscati e gerarchie ecclesiastiche). Ferrara è stata sacrificata!

Un tempo la nostra provincia aveva un settore agricolo basato sulla gestione familiare della terra che creava ricchezza ed un indotto virtuoso per il territorio, invece oggi assistiamo all’accaparramento dei terreni da parte di grandi gruppi e possidenti che ripropongono di fatto un ritorno al latifondismo: non più famiglie che coltivano la terra, ma una massa di salariati precari soggetti ad ogni possibile vessazione. Ad aggravare la situazione la famigerata globalizzazione che, oltre ad aver messo “fuori mercato” i prodotti del coltivatori diretti, ha smantellato definitivamente l’industria ad essi collegata (basti ricordare la chiusura degli zuccherifici di Ostellato e Pontelagoscuro). Le ultime realtà industriali legate al settore agricolo, oltre a pagare uno scotto notevole in termini di lottizzazione dei posti di lavoro (sempre più precari ovviamente), riescono a sopravvivere artificialmente con i contributi comunitari: l’Europa dei burocrati e delle banche ci strangola, ma ad un passo dalla morte ci elemosina quel minimo di ossigeno per non spirare.

Un tempo la nostra provincia aveva un indotto legato al turismo che poteva, se correttamente amministrato, creare ricchezza ed occupazione. Nel basso ferrarese i nostri lidi, brutto anatroccolo della riviera romagnola, ed il nostro Delta sono divenuti esempi lampanti di come un territorio possa essere devastato dalla speculazione edilizia, o sacrificato a “progetti strategici” semplicemente antieconomici ed inquinanti come la riconversione a “carbone pulito” della centrale di Porto Tolle – Camirini. Ferrara città invece è ormai morta, con i pochi artigiani, esercenti e ristoratori schiacciati da burocrazia e gabelle di ogni genere. D’altra parte i grandi flussi turistici hanno abbandonato la città già da tempo: la crisi non ha fatto nulla di più che accelerare un processo già in atto.

Un tempo la nostra provincia poteva vantare un’industria chimica all’avanguardia in termini di ricerca, brevetti e prodotti finiti. Innegabilmente dalla sua fondazione nel 1939 ad oggi è stato un bacino occupazionale notevole, una sicura fonte di reddito per molti salariati. Oggi la globalizzazione e la ricerca del maggiore profitto sempre e comunque, impongono delocalizzazione con licenziamenti di massa, la fine degli investimenti in ricerca e sviluppo, e ciò che è più grave tagli alla manutenzione straordinaria degli impianti.

Un tempo la nostra provincia poteva vantare un sistema sanitario capillare e con delle eccellenze, oggi invece è al collasso, con strutture in via di smantellamento, esternalizzazioni selvagge, reparti sovraffollati e liste d’attesa interminabili. A ciò si aggiunga un aumento ingiustificato delle spese: a peggiori servizi corrispondono rincari indifendibili.

Un tempo la nostra provincia, seppur ammansita da un conservatorismo politicamente corretto, poteva vantare una solida coscienza antifascista; oggi in tutta la provincia assistiamo nel silenzio più totale alla rinascita di sigle che rivendicano apertamente pratiche particolaristiche, xenofobe, autoritarie, sessiste ed omofobe. Aggiungiamo che altre volte questi sentimenti sono ben celati dietro a nuovi guru urlatori che come novelli Zarathustra fanno leva sulle paure del popolo.

A questo punto esistono due strade praticabili: chiudersi nell’immobilismo e nel silenzio più totale augurandosi che un qualcuno non meglio specificato faccia “qualcosa”, oppure che un non meglio specificato “qualcosa” accada in base ad misterioso intervento dall’alto; in alternativa si può decidere di lottare. Il lottare per qualcosa non parte dai grandi discorsi e non termina in vagheggiamenti rivoluzionari lontani nel tempo. Lottare per qualcosa significa aver ben chiaro cosa fare in termini di metodo e di fini.

Dagli anni ’80 in avanti non esiste una tradizione anarchica e libertaria nel ferrarese che abbia ottenuto risultati apprezzabili, quindi ricreare un clima favorevole non è facile: non conoscenza del movimento, mistificazioni, fraintendimenti e atteggiamenti autolesionistici più o meno voluti ed operati negli anni non giocano evidentemente a nostro favore. Gioca invece a nostro favore l’evidenza dei fatti: il sistema semplicemente è decotto, contrariamente a ciò che sostengono politicanti e lacchè. Storicamente i sistemi non sono riformabili, quindi anche il sistema attuale non è riformabile: le involuzioni politica, sociale ed economica odierne lo testimoniano.

“Muoia il capitalismo! Evviva l’umanità! Evviva l’Anarchia!” Questo ci viene da dire a coloro che per calcolo, malafede o miopia si accaniscono a sacrificare l’umanità al profitto ed al capitale. Noi vogliamo una società libera, solidale, egualitaria e pacifica. “Utopisti! Sognatori! Illusi!” ci dicono? Ebbene noi ricordiamo le parole di Michail Bakunin “È ricercando l’impossibile che l’uomo ha sempre realizzato il possibile. Coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che appariva loro come possibile, non hanno mai avanzato di un solo passo.” Se l’uomo non avesse immaginato una società diversa e non avesse agito di conseguenza saremmo ancora fermi all’età della pietra.

Come agire? Quali metodologie di lotta proporre? Partendo dall’assunto che la democrazia è un bene prezioso che va vissuto giorno per giorno in prima persona e MAI delegato a terzi, proponiamo l’autorganizzazione e l’autogestione delle lotte, sia politiche che sindacali, nelle piazze come nelle scuole, nelle fabbriche come nei campi. Perché autorganizzazione? Perché solo le lotte che scaturiscono da una coscienza collettiva e da bisogni reali hanno possibilità di incidere sul presente e sul futuro. Perché autogestione? Perché solo una lotta che evolve in processi decisionali e gestionali orizzontali può scardinare la logica della gerarchia e del potere su cui l’autorità statale e lo sfruttamento si basano: dirsi antimilitaristi, socialisti o comunisti, antirazzisti, antisciovinisti, ecc. senza metabolizzare principi cardine come autorganizzazione ed autogestione è una contraddizione. I superstiti di certe ideologie converranno.

L’Anarchia non è caos, ma la massima espressione dell’ordine: democrazia all’ennesima potenza, partecipata, partecipativa ed egualitaria. Democrazia reale senza compromesso perché basata su un contratto sociale condiviso e non imposto. L’Anarchia non è una bella utopia, ma l’evoluzione ultima verso cui tende l’umanità. In tal senso ci preme sottolineare come in tutto il mondo ci sia una disperata richiesta di partecipazione e un fiorire di esperienze autogestite; addirittura sotto il nostro naso certi movimenti politici e sindacali stanno facendo fortuna strumentalizzando ed abusando il concetto di “democrazia dal basso”.

Il 2013 sarà un anno di grandi patimenti, come anarchici non ci esimeremo dalla lotta e non mancheremo di invitare gli altri ad opporsi al sistema, creando percorsi di condivisione fuori dalle gerarchie, dai partiti politici e dai sindacati concertativi.

Gruppo Libertario Remo Tartari

USI-AIT sez. di Ferrara

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