Milioni di iracheni sono andati a votare per eleggere i 325 deputati del secondo Parlamento del dopo Saddam nonostante l'offensiva dei terroristi a colpi di mortaio, razzi e bombe artigianali. Obama: "Voto pietra miliare nella storia del Paese"
Già prima dell'apertura dei seggi, le esplosioni si sono susseguite in modo impressionante. Ne sono state contate a decine. Quattro colpi di mortaio si sono abbattuti anche sulla superfortificata Zona Verde, dove hanno sede le istituzioni irachene e molte ambasciate straniere, e dove erano stati allestiti due seggi per i 'vip'.
Verso le 11 il "fuoco di sbarramento" è però andato scemando e in molti hanno progressivamente trovato la forza e il coraggio di andare a votare. Anche grazie alla decisione delle autorità di revocare il divieto di circolazione alle auto. In poco tempo i seggi si sono riempiti, e si sono formate lunghe code.
Anche nelle regioni sunnite, dove invece alle elezioni del 2005 il voto era stato in massima parte boicottato. In un seggio di un quartiere a maggioranza sunnita della capitale, la fila nel primo pomeriggio si snodava per molti metri. E le donne erano molte. Un'anziana sulla sedia a rotelle spinta dal nipote, parlando con l'Ansa si è detta determinata a partecipare per "dare un futuro migliore ai figli". Suo nipote, con un gran sorriso, ha aggiunto che "abbiamo provato la democrazia e ci è piaciuta". E nonostante l'alto numero di vittime, diversi leader hanno espresso soddisfazione per la significativa affluenza alle urne. Anche le forze di sicurezza irachene, questa volta totalmente responsabili - visto che i quasi 100 mila soldati americani sono rimasti nelle loro basi - si sono dette sostanzialmente soddisfatte.
Il presidente Jalal Talabani ha dal canto suo parlato di "giorno storico, in cui il vincitore assoluto è il popolo iracheno"....
Sunnite, sciite, religiose conservatrici o laiche liberali. Comunque vadano a finire, le elezioni di oggi in Iraq hanno già un vincitore: le donne.
Una marea rosa, con o addirittura senza velo, che per la seconda volta dal 2005 va a ingrossare non soltanto le file dell’elettorato attivo, ma anche di quello passivo. Vale a dire: una concorrenza allo strapotere maschile nella società irachena dagli stessi banchi del parlamento. All’origine una legge fortemente voluta dagli Stati Uniti, che riserva alle donne un quarto dei posti in ciascuna coalizione e di conseguenza anche dei 325 seggi a disposizione.
Cifre che sulla carta proiettano l’Iraq all’avanguardia fra i paesi arabi, con una rappresentanza femminile seconda soltanto a quella della Tunisia. In molte puntano però il dito, parlando di traguardo formale. Salama al-Khafaji, candidata dell’Alleanza nazionale irachena, denuncia una visione dominante ancora profondamente maschilista. “I partiti – dice – continuano a riservare le posizioni chiave agli uomini, con il risultato che sono poi sempre loro a gestire davvero il potere”.
Sempre più, intanto, le candidate che si presentano senza velo. Non soltanto un messaggio politico, ma il segno che qualcosa sta davvero cambiando.
“I politici che si battevano contro i diritti delle donne – dice Maysoun al-Damlouji, attivista ed ex vice ministro liberale della cultura – ne stanno ora comprendendo l’importanza. Non solo nella politica, ma in tutti gli ambiti in cui l’Iraq ha bisogno di crescere”.
C‘è però chi già guarda ancora più avanti: la vera emancipazione, dicono in molte, arriverà con l’abolizione della “quota rosa”. Soltanto quando non ce ne sarà più bisogno, le donne avranno davvero un futuro nella nostra politica.
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