La crisi dell'idea d'Europa.



Da: Pierluigi Casalino 
 
Sull'idea d'Europa si sono espressi molti pensatori e studiosi del Vecchio Continente nel corso degli ultimi secoli, se pur anche in precedenza, fin dall'antichità, storici e letterati si sono misurati su un concetto che riveste caratteri non solo geografici, ma anche e soprattutto politici e di cultura. Un'Europa che, peraltro, secondo il mito, nacque aldilà del mare, sulle coste dell'odierno Libano. Di recente, tuttavia,  anche  nel nostro Paese, si sono levate voci importanti per considerarne  l'attuale stato di crisi, dopo un lungo periodo di rinnovate speranze, all'indomani della catastrofe della seconda guerra mondiale. Da Federico Chabod a Paolo Mieli, per  parlare delle nostre intelligenze, sono stati formulati, nel tempo, degli interrogativi sul futuro dell'idea d'Europa e sulla sua possibilità di sopravvivenza di fronte alle crescenti sfide contemporanee e al riemergere di antichi ed inquietanti fantasmi. La congiuntura economica, che affligge in vario modo questa rilevante ed originaria parte dell'Occidente, contribuisce in misura determinante ad affievolire quei principi di ritrovata concordia e solidarietà che spinsero i padri fondatori a gettare le basi della costruzione comunitaria. Tra le ragioni profonde di tale malessere, il declino inarrestabile ed inevitabile delle ideologie di origine ottocentesca, circostanza in sé non necessariamente negativa, ma verificatosi troppo velocemente; da non sottovalutare soprattutto il venir meno della lezione magistrale della classe politica di intellettuali come Gaetano Mosca. Inoltre si è registrata, in proposito, la crisi  
di quei partiti storici, che pervasero di supplemento d'anima la rinascita dell'Europa dalle ceneri della guerra fredda. Un'Europa che oggi non percepisce più i rischi della propria sicurezza e subisce la seduzione invadente del dispotismo orientale nelle sue diverse manifestazioni gropolitiche. Manifestazioni che coinvolgono leaders e movimenti di natura populista e vsriamente sovranista, attraendoli in una visione di protesta generica e non meditata, ben aldilà delle tradizionali ondate euroscettiche che, nel loro complesso, fanno di per sé vacillare il sistema di valori che sono alla base dell'idea d'Europa. L'affermarsi di fronte a tali gruppi dell'uomo forte, in particolare del Capo del Cremlino, mette in forse quella stessa concezione illuministica di un'Europa dall'Atlantico agli Urali, che avrebbe avuto tutte le caratteristiche per rilanciare lo spirito di libertà in contrapposizione al dispotismo. In conclusione, la crisi dell'idea d'Europa è la stessa crisi dell'idea di libertà. Nel pieno di questa confusione, non sarebbe male riprendere in mano un testo consapevole e ricco di magistrale intuizione storica. Si tratta di quel "De Europa" di Enea Silvio Piccolomini, più conosciuto come Papa Pio II, che nel XV secolo definiva in modo straordinario quello spirito d'Europa che sarà più tardi coltivato da quanti avranno a cuore il comune destino dei popoli del Vecchio Continente. I grandi e spesso tragici rivolgimenti degli ultimi cinquecento anni non hanno scalfito il principio di una casa comune europea. E  così sarà anche in questa caotica stagione di ridotta capacità politica da parte di leadership inadeguate e prive dell'abc del buon governo, oltre che del buon senso. E in questo convulso contesto la drammaticamente crisi libica brucia definitivamente le ali della già impaurita farfalla europea. Sulle rive del Mediterraneo, dove è nata, L'Europa muore.
Casalino Pierluigi. 

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