Oggi ho il grandissimo piacere di intervistare Alberto Sacchetti, un giornalista scrittore di altissimo livello, esperto di cronaca nera e giudiziaria. Alberto Sacchetti ha indagato nel mondo del mistero per il quotidiano “La Nazione” e ha scritto articoli e libri sul mondo dell’agricoltura, romanzi e un manuale di tecnica giornalistica. Ha ricevuto il Premio Nazionale Speciale “Torre di Castruccio” per il giornalismo e la saggistica e il Premio della Provincia di Massa Carrara “Spino Fiorito”.
D - Alberto, nei tuoi lavori letterari emerge spesso la tendenza a voler indagare uno dei misteri che ha da sempre affascinato l’uomo: l’esistenza di una vita ultraterrena. Ce ne vuoi parlare?
R - Cosa c’è di più importante del conoscere il fine ultimo dell’uomo, di capire se la nostra vita sulla terra avrà un seguito nell’aldilà. A questo interrogativo, sull’esistenza della vita oltre la vita, ho sempre cercato di dare una risposta. E questo a prescindere dalle mie convinzioni religiose. Mi sono mosso, in altre parole, senza alcun pregiudizio, indagando come un esploratore nel mondo del mistero. Vedi Stefania, scrivendo il romanzo “La Canzone della Luce”, nel 2005, ho raccolto dichiarazioni di Carlo Casini, presidente del movimento per la vita. Una sua frase mi ha particolarmente colpito. Diceva: “Si nasce nel mistero, si vive nel mistero, si muore nel mistero”. Quella che può sembrare un’affermazione banale, è invece una riflessione saggia sul fatto che viviamo immersi nel mistero, attorniati da fatti che sfuggono alla nostra comprensione usando i parametri della scienza. Ci sono due autori a me cari che mi hanno convinto ad indagare sull’esistenza della vita ultraterrena. Uno è Raymond Moody, filosofo e medico statunitense che ha raccolto testimonianze di uomini e donne di età, razza, culture e religioni diverse che vivendo esperienze di premorte hanno poi raccontato di essere usciti dal proprio corpo e, dopo un viaggio in un tunnel grigio, di essere stati accolti da esseri di luce ed aver incontrato parenti morti in un luogo di beatitudine, immersi in una luce più splendente del sole. Poi sono rientrati nel loro corpo e si sono sentiti invasi da una gioia immensa. Ecco, di questo parla Moody nei suoi libri ma anche il giornalista Pierre Jovanovic nella sua inchiesta sull’esistenza degli angeli custodi. Proprio in quel libro ho scoperto che anche Caterina Benincasa, più nota come Santa Caterina da Siena, visse una esperienza di quel genere. Era l’agosto del 1370 quando la santa fu deposta nella bara perché non dava più segni di vita. Dopo quattro ore si risvegliò e raccontò al suo confessore che la sua anima si era staccata dal corpo, aveva potuto vedere le pene dei peccatori all’inferno e le anime che si purificavano in purgatorio. Inoltre disse che era stato un dolore dover tornare sulla terra.
D - E’ perseguendo questa tua predilezione che hai scelto di scrivere il libro dedicato all’artista Davide Foschi dal titolo “Il segreto di Foschi. L’artista tra luce e mistero”? Ci vuoi spiegare il significato di questa suggestiva definizione?
R - L’incontro con Foschi, a Pizzo Calabro nell’estate del 2014, si inserisce in quelle che chiamo sincronie angeliche o del mistero. In una grotta a pochi passi dal mare, ho ammirato statue scolpite nel tufo. Fra queste quella di San Giorgio che uccide il drago che mi ha fatto pensare all’immagine di Paolo Uccello e agli studi di Leonardo. Ebbene, poche ore dopo nella tonnara di Marina di Pizzo ho incontrato Davide Foschi davanti alla sua opera del San Giorgio che uccide il drago, metafora della ragione che scaccia i pregiudizi, del bene che prevale sul male, della luce che disperde le tenebre. Parlando con lui ho scoperto che la sua vita era piena di misteri, di colpi di scena e che un filo rosso univa la sua formazione culturale ai suoi studi su numerose religioni e al suo cammino filosofico e artistico. Si trattava di tappe che gli avevano permesso di realizzare opere come la Madonna con Bambino, gli angeli in varie situazioni, il Budda che apre i chakra e l’ultima cena, di chiara ispirazione leonardesca, dove la sua ricerca sul colore, unita ad una grande tecnica, dava modo agli osservatori di trovarsi davanti a mondi di luce e di andare oltre la dimensione terrena. Ecco quindi il titolo del libro “Il segreto di Foschi. L’artista tra luce e mistero”.
D - Nella Prefazione del libro hai dichiarato di volerti avvalere dell’indagine giornalistica per analizzare i lati più significativi dell’esistenza di questo giovane artista milanese. Quali sono gli aspetti della sua vita che ti hanno affascinato per l’aura di mistero che li pervadono?
R - Innanzitutto l’esperienza di premorte che ha vissuto a dodici anni nella sua Milano. Mi ha raccontato che un enorme blocco di ghiaccio, staccatosi dal tetto di un palazzo di otto piani, lo aveva colpito alla testa. Caduto, aveva poi visto il suo corpo steso a terra dall’altra parte del marciapiede. Così come si vedeva nel film “Ghost”. Una voce gli ha rivelato fatti del futuro suo e dell’umanità, che la morte non era la fine di tutto. E lui ha visto scorrere come in una pellicola cinematografica le varie fasi della sua vita passata. Incredibilmente, quando si è rialzato non aveva neanche un graffio. E’ andato a scuola ed ha svolto alla perfezione il compito in classe di francese per il quale non si era preparato. Ha poi dimostrato di avere un grande talento per il disegno e la pittura. All’università si è trovato per gioco al centro di una seduta spiritica nella quale un’entità lo ha indicato come un prescelto dandogli perfino un nome di battaglia. Ha avuto informazioni sconvolgenti su fatti poi realmente accaduti e un’indicazione per cercare il Graal. Un altro aspetto misterioso della sua vita che mi ha affascinato è stato l’incontro con un giornalista milanese che lo ha introdotto nel mondo dell’antroposofia. Questi studi hanno avuto un’importanza fondamentale per la sua crescita spirituale ed artistica.
D - Tra le meravigliose opere d’arte di Davide Foschi ce n’è una che forse fra tutte esprime maggiormente l’essenza artistica del suo creatore. Sto parlando de “La Pietà”, una straordinaria opera soggetta a una metamorfosi inspiegabile. Avvalendoti della razionalità tipica dell’indagine giornalistica sei riuscito a dare una spiegazione a questo incomprensibile fenomeno?
R - Non ci sono riusciti gli studiosi che lo hanno esaminato a chiarire il fenomeno di un quadro che muta forma nel tempo. Davide lo ha dipinto nella Pasqua del 2009 in un momento particolarmente doloroso della sua vita. E questo, mi ha confessato, “per resuscitare quello che era morto in me”. Cercava un legame, un ponte fra Oriente e Occidente, come aveva fatto per la Madonna con Bambino. Appena inizia a dipingere cade in uno stato di trance. Quando si risveglia si trova di fronte ad una tela nera. Toglie il colore e affiora l’immagine del manto della Madonna, col figlio sdraiato e una grossa croce. Segni che gli ricordano la Pietà Rondanini di Michelangelo. Nel quadro le altre immagini nel tempo cambiano. Alcune spariscono, altre appaiono. Io l’ho visto per la prima volta nel novembre del 2014 a Milano, a casa Foschi. Quando l’ho rivisto nel settembre del 2015 nella sala comunale di Massa durante la presentazione del libro, alcune immagini erano rimaste, altre erano scomparse e ne ho viste di nuove. Uno scrittore, con un passato da cronista come il mio, registra ciò che ha osservato. Dare una spiegazione a un fenomeno del genere è impresa difficile. Nel libro fornisco una spiegazione ai misteri che circondano la vita e le opere dell’artista. Per la Pietà, che sembra abbia vita propria, si può dire che si tratta di un’opera concepita con una prospettiva opposta a quella del quadro di Dorian Gray: non è infatti la ricerca del piacere a dominare sull’arte ma è l’arte che cerca la via per raggiungere le vette più alte dello spirito.
D - Davide Foschi è anche l’ideatore del Metateismo, un movimento d’avanguardia che in poco tempo ha aggregato intorno a sé migliaia di sostenitori da tutto il mondo. Quali sono gli aspetti che ti hanno maggiormente colpito di questo movimento?
R - La sua è un’impresa titanica iniziata nel Dicembre del 2012 con il Manifesto dei Metateismo, un movimento che intende far dialogare persone unite dall’idea che l’arte abbia un valore iniziatico, desiderose di dare un senso al loro cammino di vita e artistico. Mi ha colpito la volontà di unire sotto la stessa bandiera uomini e donne che hanno riscoperto o vogliono riscoprire la sacralità dell’arte, che credono nella libertà dello spirito tipica dell’uomo rinascimentale con obiettivi e speranze dell’uomo di oggi. Mi affascina l’idea di un ponte che leghi insieme il passato il presente e il futuro. Mi piace l’idea di dissipare le tenebre con la luce dell’intelligenza e dello spirito. E’ un movimento che fa dialogare coloro che credono, i teisti, con coloro che non credono, gli atei, creando un denominatore comune che unisca gli uomini. Mi colpisce il fatto che punti al bene dell’umanità e non si rivolga solo agli artisti ma anche a letterati, poeti, scienziati, economisti e ad altre figure per comporre il puzzle del Metateismo, un movimento che ha le radici piantate nel passato ma che si muove dinamicamente verso il futuro.
Bene, Alberto. Mi ha fatto un immenso piacere parlare con te di questo libro che ho trovato davvero “illuminante”. Un libro in cui vengono affrontate importanti tematiche esistenziali e filosofiche in una maniera estremamente godibile e fruibile da tutti. Un libro che arricchisce lo spirito, ma anche la mente.
Stefania Romito (Ophelia’s friends)