Marcello Veneziani su Benigni...

La Costituzione non è il Vangelo né la Divina Commedia.

Per carità, capisco l'intento pedagogico e m'inchino al successo mediatico della Costituzione narrata dal comico di Stato e mistico delle istituzioni, il Beato Benigni.

 

L'avesse raccontata un costituzionalista, non avrebbe avuto neanche l'otto per mille di quegli ascolti. È giusto ridare fiducia agli italiani, indicare riferimenti positivi, motivare la politica, suscitare dignità di cittadinanza. Però lasciatemi scartare la caramella costituzionale di Benigni. Per prima cosa c'è troppo glucosio, troppa retorica stucchevole. C'era un che di forzato e manieristico in quell'euforia da finto-invasato. Esagerati i suoi elogi a pure ovvietà di buon senso o intenzioni magnifiche quanto irrealizzabili. Nel suo fervore mistico, Benigni l'ha paragonata ai Dieci Comandamenti ma per dire che la nostra Carta è superiore perché - ha notato il comicostituzionalista - le Tavole dettate dal Signore esprimono solo divieti, mentre la nostra Carta è positiva, invoglia a desiderare.

Superato lo choc iperglicemico, mi addentro nello slancio erotico verso la Costituzione, decantata addirittura come la più bella del mondo. A proposito d'amor patrio noto una lacuna della nostra Costituzione: di amor patrio non ne accenna affatto. La patria è citata solo all'art. 52 per la difesa dei confini (poi difesi con le basi Usa): pochino per fondare un patriottismo della Costituzione. Del resto molti Costituenti, con tutto il rispetto, erano patrioti di patrie altrui; per un terzo di loro la patria era l'Unione Sovietica...C

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