Ferrara Poesia-Raoul Rimessi "60 poesie 60" (Tla ediz.) recensione di Emilio Diedo

Ormai da qualche anno sull’ottuagenaria strada della vita (83 anni), il ferrarese Raoul Rimessi, poeta, narratore e saggista, si ripresenta ai suoi lettori con rinnovata verve offrendo loro un’ulteriore silloge poetica. Raccolta imperniata sulle sessanta poesie, indicative del titolo in questione, 60 poesie 60, né una in più né una in meno. Pubblicazione varata, nel senso di ufficialmente presentata, lo scorso 3 dicembre alla biblioteca comunale Ariostea, relatori, insieme al poeta, Gianna Vancini (conduttrice) ed il prefatore Piergiorgio Rossi.

 

Il contesto del libro è preceduto, proprio nella primissima pagina, da un’azzeccatissima citazione. Un autorevole, tanto metaforico quanto icasticamente preludente esergo di Maurice Maeterlinck. Un’indovinata quartina!

 

Le sessanta poesie sono suddivise in sei Gruppi, disomogenei per quantità e talora per argomentazione, intonati piuttosto, a detta dello stesso autore, a ‘ben lontani tempi e sentimenti’ (cfr. p. 3). Cosa non difficile da capire nello scorrere i componimenti dei vari Gruppi, in forza delle contingenti tematiche ma soprattutto della duplice, contrapposta sfaccettatura del contenuto amoroso. Di fatto nel primo Gruppo indicano una mera propensione romantica all’acqua e sapone abbinata ad uno stile spesso emulo della poesia tenzonata di stampo stilnovista (cfr. ad esempio le attigue “Rapimento” e “Pure voi sognate?”, pp. 17-18; nonché “Primo amore”, p. 25). Quando il penultimo, quinto Gruppo, quello che potrebbe ingenuamente apparire il medesimo tema amoroso invece denota una straripante maturazione, improntata ad un più libertino moto di concreta, carnale passione (cfr. “Cantici spinti”, p. 56; “Mantide”, p. 58; “Sesso estivo”, p. 63; “L’addio di prammatica”, p. 66).

 

Direi inoltre, a proposito dell’afflato amoroso, che proprio a partire dal secondo Gruppo, e sino alla fine, con quasi costante impeto, emerge una nuova, maggiormente ispirata movenza che, questa volta, si potrebbe definire genuinamente romantica. Ossia emergono aspetti davvero identificativi dello storico Romanticismo, incastonati nelle più liriche e pertinenti strofe d’un sofferto, patito esistere, inteso in primis nella conflittuale tensione vita-morte, per cui l’amore assurge a casuale atto sensuale-sessuale e non più ad atto esclusivamente causale e sdolcinato.

 

Ripercorrendo l’Introduzione dell’autore, a pag. 7, si è facilitati nell’individuare le eclettiche matrici che ispirano questa poesia: ‘il crepuscolarismo di Gozzano e l’ermetismo blando di Ungaretti e del più tosto Montale’ (vedasi in particolare “Così, il poeta! Ricordando Ungaretti”, p. 52). In proposito il prefatore osserva, a pag. 9, come l’ispiratrice ‘musa intimista, introspettiva consacrata alla crepuscolarità di Raoul Rimessi [costituisca] un ossimoro […] di luminosa crepuscolarità’ e fa riferimento alla poesia “Ascolti di quiete”, p. 35. Piergiorgio Rossi prosegue evidenziando, a suo modo di vedere, una duplice, complementare forza poietica nel poeta Rimessi: vis, in quanto forza dinamica; e robur, quale forza statica (p. 10). Inoltre si riconfermerebbe, sempre secondo Rossi, ‘un antidannunzianesimo di fondo [nel senso d’] un rifiuto dell’ampollosità, dell’altisonanza, dell’esuberanza, dell’eccedenza superomistica’. Rinnegando in sostanza nel poeta ferrarese il ruolo di Vate (ibidem).

 

Raoul Rimessi ricorda anche, non solo nella dedica ma altresì emulandone a tratti i correlativi stili, Pavese (“Amore e morte”, p. 53); Fenoglio (“La bibbia e lo sten”, p. 54). E, forse inconsapevolmente o forse con la precisa consapevolezza di farlo, emerge l’impronta-stilema pure del Pascoli. Proprio in una composizione-bozzetto (“Il poeta”, p. 30) che schematizza l’autoidentità poetica di Rimessi, nell’acchitante primo verso, metaforizzando la sua essenza di poeta ‘ragazzino’. Dove il ‘ragazzino’ potrebbe appunto essere traslato nel modus della più nota formula pascoliana di ‘fanciullino’.

 

Non sfugge al nostro poeta nemmeno la contemporanea, e direi perfino epocale, tendenza cosmica: si leggano “Universo”, a pag. 33, e l’ancor più rappresentativa “Pensiero”, a pag. 67 (Su ali cosmiche vola / lo spirito dell’avventura / e della innovazione / […] Da basi terrene e stadi planetari / si giocano partite ultra pericolose).

Infine mi sento di proclamare una giocosa, ludica voglia di ricerca in seno alla poesia di R. Rimessi. Ricerca che, alla faccia della sua veneranda età, quando non debba trattare scabrosi o tenebrosi temi esperienziali, denota un suo farsi giocoso bambino creativo, che vuole costruirsi preziosi, essenziali giocattoli con le parole (cfr. soprattutto le poesie alle pp. 45, 49, 50, 52, 53, 65). Giocherellando persino col sonetto: scansando le rime o quanto meno rarefacendole e, quanto a metrica, rendendo i versi i più vari possibili, fuori misura dalla loro classicità. La silloge pullula d’esempi in tal senso: cfr. pp. 12, 18, 33, 36, 43, 46, 47, 56, 60, 61, 66, 68, 69.

 

EMILIO DIEDO   *BY LITERARY MAGAZINE PADOVA