La psicologia polastriana, di ortodossa matrice partitica ex diessina, si rivelò efficacissima per ribadire nelle zucche dei consiglieri di maggioranza (quelli di minoranza non contano, essendo minoranza) che ciò che non è imposto per legge non si deve neppure azzardare a chiederlo! Perché tutto sommato in odore di illegittimità.
Fu per la maggioranza una performance ammirabile, paragonabile per sostanziale eleganza a quelle di Carlo d’Inghilterra in visita con Camilla alle scuderie reali, e confermò la sua fama di sagace ideatore di bilanci perfetti, contenenti senza complicazioni debiti da infarto a fronte di entrate ridicole. L’Università di Ferrara, corse subito ad offrirgli il posto di direttore amministrativo prima che gli arrivassero allettanti proposte da Harward o Cambridge, stanche di reperire coperture finanziarie ogni anno.
La Corte dei Conti comprende una sezione di controllo dei bilanci di previsione comunali. Recentemente ha inviato al Consiglio Comunale di Ferrara l’esito del controllo sul bilancio 2009 (anno di severità quaresimale: niente finanziamenti agli spettacoli di Ronconi). Dall’aridità formale delle 9 pagine del documento ufficiale traspare comunque l’entusiasmo della Corte per l’operato di Polastri, compendiato in un AllegatoA,acutamente denominato Profili di Criticità/Irregolarità, e così suddiviso:
Approvazione di Rendiconto: n. 1 capoverso.
Risultato di Amministrazione: n. 21 capoversi.
Debiti fuori Bilancio: n. 3capoversi.
Indebitamento: n. 1 capoverso.
Procedimenti di esecuzione forzata: n. 1 capoverso.
Organismi Partecipati: n. 4 capoversi.
Strumenti Finanziari Derivati: n. 2 capoversi.
Conto Economico e Conto del Patrimonio: n. 4 capoversi.
Un insieme di solo 37 affettuosi paragrafi illustrativi degli aspetti un po’ critici o irregolari presenti nel bilancio 2009, meritevole di gratificante lettura. Perché risulta tutto OK. Infatti la Corte dei Conti tranquillizza subito gli ansiosi precisando che le irregolarità non sono suscettibili di “specifica pronuncia” ai sensi della Legge 23 dicembre 2005 n. 266, art. 1, comma 168. Che è un modo burocratico corrispondente al nostro dialettale: “A no mina dit che a tiè ‘n làdar. Adigh sol: dam indré la mie pitona.”.
Paolo Giardini